Gli armaioli di Ferlach

Ferlach 
Storica officina di stampaggio, alimentata ad acqua che funziona ancora oggi

All’IWA tutti gli anni è lo stesso: i visitatori si affollano da HK, Walther, Oberland Arms, Schumacher e altri espositori, prendono in mano le armi, si mettono in posizione di tiro... quando la sicurezza antifurto lo consente. Ma negli stand degli armaioli di Ferlach è diverso: ci si avvicina lentamente, con rispetto. Anche senza alcun cartello di divieto, nessuno si sognerebbe di imbracciare le poche e pregiate carabine da caccia esposte. E anche quando i maestri della Carinzia non sono a colloquio con i clienti, si resta incerti se dirigersi verso di loro o continuare ad aggirarsi lì intorno con lo sguardo pieno di meraviglia. A loro ciò non passa evidentemente del tutto inosservato. Sono abituati al rispetto, un po’ come un parroco stimato in parrocchia. Ferlach non è una cittadina austriaca, bensì una prova divina di quanto possano essere belle le armi e del fatto che non siano poi così cattive, proprio come la caccia. Nonché la prova vivente che l’arte manifatturiera può durare mezzo millennio.

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Il certificato con cui la Commissione austriaca dell’UNESCO ha dichiarato gli armaioli di Ferlach patrimonio culturale nazionale

Più di un luogo avito: così è la città degli armaioli e ormai la Commissione austriaca dell’UNESCO lo ha anche scritto: “Il termine Armaiolo di Ferlach”, recita la motivazione, è stato inserito “nell’elenco nazionale del patrimonio culturale immateriale”. Lo scenario: sulla base di un accordo ratificato nel 2006 da circa 100 Paesi, l’UNESCO produce un elenco rappresentativo a livello internazionale di “patrimoni culturali immateriali”. Il concetto non riguarda soltanto le lingue, le espressioni orali, le arti dello spettacolo come la danza o il teatro, ma anche l’artigianato tradizionale. Con questa azione, l’UNESCO intende inoltre sostenere le comunità locali e le identità regionali, la cui importanza in un mondo globalizzato va scemando ed è sempre più in pericolo. Gli austriaci, notoriamente molto sensibili ai titoli, hanno fondato nel 2006, all’interno della Commissione nazionale dell’UNESCO, una “Agenzia nazionale” che si prende cura di questo patrimonio. Il certificato non ha reso felice solo la Carinzia. Infatti, ora è possibile anche in Germania e ovunque sbatterlo sotto il naso di tutti quelli che vorrebbero proibire tutte le armi di qualunque tipo o che denigrano tutti i grossi calibri chiamandoli “strumenti assassini”: ma questa gente non sa proprio di che cosa parla.

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Siamo nel 1906 a Bad Ischl: a destra, accanto a Francesco Giuseppe I, il bisnonno dell’odierno proprietario della ditta Fanzoj
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Coppia di doppiette calibro 28 riccamente incise di Scheiring GmbH

Il patrimonio: bisogna ammettere che a Ferlach è stato più facile che in altre regioni, dove l’immagine delle armi è coniata dalla produzione industriale moderna, come ad esempio per Heckler & Koch a Oberndorf o Walther a Ulm. 500 anni di tradizione (un armaiolo a Ferlach è stato documentato per la prima volta nel 1551) meritano un rispetto internazionale e appaiono ininterrotti, come se rivolgimenti politici e guerre mondiali fossero scivolati sulla città degli armaioli senza toccarla. 

Naturalmente ciò è assurdo; ancora il 10 maggio 1945 avvenne proprio qui l’ultimo combattimento in Europa della Seconda guerra mondiale, due giorni dopo la capitolazione dei tedeschi. Qui si è piuttosto avversi alle innovazioni sgradevoli: nella domanda del circolo culturale di Ferlach alla Commissione, ad esempio, si trova il seguente paragrafo: “Ecco infatti un uomo dall’aspetto comune, che si mette in strada a passo veloce, con in mano una canna o un’arma a salve. 


Ferlach 
Nessun trucco: da Sommer la scaglia di pesce si intaglia sempre a mano, sebbene con una velocità sorprendente. Dapprima il capo della ditta traccia il reticolo a matita, a mano libera. Quando il modello è sul legno, viene riportato a mano con vari utensili. Segue poi l’oliatura
Ferlach 
Hambrusch appartiene alle case più antiche di Ferlach; la prima documentazione risale al 1752. Oggi la ditta produce armi a canna basculante e fucili a ripetizione. Peter Hambrusch supera i confini del fattibile con una presentazione unica in fatto di combinazioni di canne, tipi di azione e calibri. Gli armaioli producono ancora oggi in gran parte “a mano” le armi da caccia, quindi lavorando artigianalmente i pezzi grezzi semilavorati
Ferlach 
Il fucile a canna singola basculante calibro 7 mm si trasforma, con la canna di ricambio, in un esclusivo Bergstutzen per 6 x 50 R Scheiring e .17 HMR (www.jagdwaffen-scheiring.at)

Un’esperienza che appare pericolosa per uno straniero! Si tratta proprio dell’armaiolo che, pressato dal tempo come al solito, si reca al banco di prova delle armi ...” A Kiel o a Monaco in un caso del genere il reparto SEK sarebbe stato certo tralasciato, ma nella città degli armaioli la tradizione tante volte rievocata è anche una base per misure di buon senso. Uscendo dalla chiesa della cittadina, si discutono progetti e problemi a mezzogiorno davanti a un bicchiere di vino rosso. “Basta così”, dicono da queste parti. 


Gli eredi: sembra un mondo intatto, antico di secoli. Ma dal punto di vista economico, anche gli armaioli della Carinzia devono sempre saper fare i loro calcoli con esattezza. Senza la specializzazione nella costruzione dei castelli, nelle bascule, nella decorazione delle canne o nelle calciature, Ferlach non avrebbe mai avuto successo come città degli armaioli. Nel 1780, lo scrittore di viaggi Benedikt Franz Hermann diceva in una lettera: “In queste fabbriche di carabine, i maestri si considerano 500; occorre tuttavia notare che praticamente ogni lavoratore è anche maestro.” Con il diffondersi dell’industrializzazione anche nella produzione di armi, le aziende di Steyr e di altri luoghi resero la vita difficile agli armaioli. 

Durante il suo regno, l’imperatore Francesco Giuseppe incaricò un certo capitano Hermann Heisig di riflettere sulle condizioni economiche degli armaioli di Ferlach; nel 1873 nacque il consorzio, venne allestita un’officina che forniva alle ditte i pezzi grezzi. Nel 1949 c’erano ancora 48 maestri, che impiegavano circa 300 addetti. Oggi esistono ancora undici aziende familiari di mastri artigiani, che offrono un lavoro fisso a circa tre dozzine di collaboratori. Nel 1988, l’ex armaiolo Franz Sodia, per il quale nel 1960 lavoravano ancora 120 persone, disse: “Vedete, con le tradizioni non si mangia”. La sua ditta era fallita e non sarebbe stata la sola. Anche i tempi moderni hanno provocato interruzioni: non per tutti i figli era ed è ovvio seguire le orme del padre e occuparsi della ditta di famiglia.

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Il “kipplauf” con bascula tonda calibro .338 Lapua Magnum è creato da Josef Just

E oggi? A quanto pare, Franz Sodia si sbagliava. Le armi da caccia di Ferlach suscitano una magia che è qualcosa di più del metodo di lavorazione tradizionale “a mano”. La ditta Josef Just si promuove così: “Molto nel mondo di oggi nasce da una produzione di massa orientata solo alla funzionalità. Ma per chi è cacciatore per passione, la caccia fa parte di un altro mondo, magico e quasi mistico, in cui si fondono passato e presente... e una carabina fatta a mano diventa parte di questo mondo”. 

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Sul fucile Fanzoj “Deerhunter” calibro .375 H&H Magnum non vi sono viti visibili dall’esterno
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Uno dei “fucili tecnologici” di Peter Hofer. L’azione è visibile attraverso la massiccia piastra dorata, un circuito elettronico indica l’ultima manutenzione e può memorizzare il numero di lotto delle munizioni. A ciò si aggiungono un contatore di colpi, una bussola digitale, un barometro, un igrometro e un misuratore di distanze

Le armi di Ferlach oggi non sono più costose, sono costosissime. I metodi di produzione somigliano ancora in gran parte a quelli dei tempi antichi, il commercio si è trasformato. I clienti arrivano da tutto il mondo, agli stand IWA si sente spesso il russo. Senza le lingue straniere non si va avanti. Daniela Fanzoj, che si occupa della gestione nella ditta Johann Fanzoj, lo esprime così: “L’immagine all’estero di una ditta è altrettanto importante in questo quanto lo è in tutti gli altri settori. Un tempo tutto il mondo pensava che “Ferlach” fosse un marchio, e probabilmente anche gli armaioli lo speravano. Era un’altra epoca e negli anni ’60 e ’70 la domanda era maggiore dell’offerta. 

Oggi le carabine da caccia lavorate a mano, in particolare con specializzazione così elevata e molteplicità di modelli come a Ferlach, sono un prodotto di nicchia a livello mondiale”. Chi produce ancora armi conta tra i propri clienti artisti, divi di Hollywood, imprenditori e politici. Perciò ditte come Jakob Koschat, Johann Fanzoj, Karl Hauptmann, Hambrusch, Scheiring, Josef Kurt Just, Ludwig Borovnik, Outschar‘s Sohn o Peter Hofer possono guardare tranquillamente al futuro: le armi da caccia che corrispondono ai desideri del cliente fino all’ultimo dettaglio trovano sempre acquirenti in grado di pagarle.

Ferlach 
Un sottile strato di alcool e qualche rapido gesto per estinguere la fiamma. Poi le fibre del legno si sollevano e possono essere limate finemente. Naturalmente del fuoco sul calcio non rimane alcuna traccia
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Le incisioni donano alle armi di Ferlach l’inconfondibile eleganza e l’individualità. Questo fucile a canna basculante della ditta Jakob Koschat, calibro .30-06  è ornato con figure di animali in oro
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Ai nomi famosi appartiene da 125 anni anche quello di Borovnik. Ludwig Borovnik (www.ludwigborovnik.com) non solo produce armi da caccia su specifiche individuali, è famoso anche per il legno dei suoi calci, stagionato come minimo 20 anni

Tradizione e modernità: “Intanto ogni armaiolo deve portare all’estero il nome del proprio marchio, cosa che ovviamente è facilitata dalla trasformazione dei mezzi di comunicazione moderni”, dice Daniela Fanzoj. Su questo sono tutti d’accordo. Quanto siano tradizionali le armi o come debbano essere prodotte suscita invece divergenze di opinioni nella città degli armaioli. Koschat, capo dell’associazione, espone una posizione chiara: “In generale una macchina CNC sarebbe troppo costosa, è adatta solo per la produzione di serie. 

Quando si produce un’arma di Ferlach secondo i desideri personali del cliente, ciò che serve è un mucchio di lime, una fresatrice e un trapano”. Se tutto resterà così, sarà da vedere; i tempi cambiano. Lo stesso Koschat è tutt’altro che orientato al passato: sua figlia è stata la prima donna di Ferlach a superare gli esami per diventare armaiolo.


L’attività resta sempre un dominio maschile, anche se oggi ci sono più donne che si occupano del patrimonio di Ferlach. Daniela Fanzoj, ad esempio: “Per me personalmente il problema non si è posto. In primo luogo considero le persone per quello che sono e uso gli stessi pesi e misure per uomini e donne; in secondo luogo, la nostra ditta non aveva altra scelta. Quando sono subentrata nel 1998, ero l’unica discendente possibile.  

Ferlach 
Gli armaioli non sono solo nel centro di Ferlach. Una specialità di Sommer KEG, nella vicina St. Margareten, è la produzione e la riparazione di calciature per armi lunghe. Herbert  Sommer con la figlia Michaela, entrambi armaioli

Nel frattempo si è unito a me il mio fratello più giovane, dirige la produzione. Io penso che con professionalità e una buona dose di testardaggine una donna possa primeggiare in qualunque settore.” Una frase del genere 50 anni fa non sarebbe stata ben accetta, oggi è diverso. Tradizione non significa conservare le ceneri, bensì riaccendere il fuoco; anche a Ferlach lo sanno. Su quale via percorrere a questo scopo, gli armaioli sono divisi. 

Parlando con loro, ci si accorge presto di quanto siano diversi i punti di vista in merito all’artigianato locale. Non tutti vanno così lontano come Peter Hofer, che in una delle sue armi ha integrato addirittura l’elettronica. Tuttavia da Daniela Fanzoj fino al maestro Koschat sono tutti individualisti convinti che si occupano dello stesso patrimonio e amano il loro lavoro. La corporazione diventerà anche patrimonio culturale mondiale? A questa domanda il capo ride “Basta così”.

Ferlach 
Nuove leve: nel 1878 nacque a Ferlach un’imperial-regia scuola di specializzazione per l’industria delle armi, oggi c’è la HTBLVA, istituto superiore statale di formazione e ricerca tecnica. Qui si può diventare armaioli in quattro anni e apprendere la tecnica delle armi in cinque, sempre con esame di maturità. Il direttore Max Winkler afferma che oggi la domanda di armaioli è ancora superiore rispetto allʼofferta