Lupo da gestire

C’è stato un tempo in cui proteggere il lupo era un dovere per tutti quanti si occupavano della conservazione della Natura, e per farlo bisognava proibire in forma assoluta la possibilità che venissero uccisi i pochi esemplari sopravissuti alle grandi stragi della prima metà del secolo scorso. 

“L’Operazione San Francesco” del WWF degli anni ’70 ed ’80 fu un successo; con l’entrata in vigore del decreto ministeriale che proibì in forma assoluta l’uccisione dei lupi, la specie cominciò a aumentare di numero. Oggi può sembrare assurdo, ma per proteggere il lupo occorre iniziare a studiarne un piano di contenimento.

Una linea di condotta che stanno seguendo tutti gli stati dove il lupo sopravvive, dall’Europa all’America; tanto che la cosa ha fatto scattare il riflesso condizionato dei naturalisti animalisti e degli anticaccia che di ridurre numericamente il lupo mediante abbattimenti di esemplari non vogliono neppure sentire parlare, essendo per loro tabù.

Lupo da gestire
L'esplosione demografica del lupo è confermata non solo dagli avvistamenti dei branchi sempre più frequenti, ma dall'incremento degli attacchi ai greggi degli allevatori

Ma le guerre di religione non hanno mai portato a nulla di buono. E questo vale anche per il lupo, ovunque, perché la pressione del predatore sulle popolazioni di animali domestici era ed è insostenibile per i danni che arrecano, ma anche per limitare l’azione dei lupi sulle popolazioni selvatiche di erbivori (vedasi Alaska e Stati Uniti ed anche Norvegia e Svezia). 

Non è un controsenso, è una questione di logica e di buon senso, perché nessuno potrà mai pagare tutti i milioni di dollari/euro di danni che i lupi arrecano agli allevatori ed alla pastorizia in genere.

Né gli allevatori ed i pastori possono continuare a subire i danni economici del lupo senza che vengano loro giustamente, rimborsati al 100% reale (il chè significa più del valore di mercato dell’animale in sé per sé).

Lupo da gestire
Il lupo un tempo localizzato nel tipico ambiente montano ha ormai ampliato il suo habitat in aree anche non vocate alla specie

Gli ambientalisti italiani si stanno invece opponendo all’idea di ridurre il numero dei lupi; ma non esiste altra strada percorribile. 

È una questione di democrazia, di giustizia sociale prima ancora che di ecologia. 

Ma non solo, è l’unico mondo per assicurare un futuro al Lupo, perché se i danni continuano a non essere rimborsati (o rimborsarli male e tardi), saranno gli allevatori ed i pastori a provvedere a quel controllo numerico sul lupo che gli ambientalisti e le autorità, scarsamente o, peggio, malamente informate, non vogliono fare: e si sa con quali modi gli allevatori ed i pastori giustamente arrabbiati agiscono e quali mezzi utilizzino per risolvere il problema! Per evitarlo, nei Paesi seri è lo Stato che se ne occupa, riconoscendo loro un diritto che è innegabile.

L’ultimo esempio lo abbiamo nell’Idaho (USA), dove il servizio federale per la fauna ha reso noto che dal 2011 (anno in cui il Presidente Obama ha reso possibile la riduzione del numero dei lupi) sono stati uccisi 1.301 lupi allo scopo di contenere le popolazioni.

Lupo da gestire
Una mancata gestione, corretta e scientifica del lupo, comporta non solo danni economici agli allevatori, ma mette la stessa specie a rischio di persecuzione indiscriminata

In Italia il problema non è da meno, l'esplosione demografica del lupo dal nord al sud del paese è un dato ormai confermato da avvistamenti e continui attacchi ai greggi. 

Forse da noi il problema è ancora più sentito, non essendo presenti grandi aree di wilderness dove poter consentire un minino di “libero sviluppo” alle popolazioni di lupo e delle sue prede.

Il lupo come tutti i predatori colpisce sempre l’anello più debole della catena alimentare, per cui che siano tanti o pochi gli ungulati e i cinghiali presenti, il lupo preferirà sempre pecore, capre, cavalli, e bovini.

Per concludere, o si pagano i milioni di euro di danni o si riduce il numero dei lupi, stabilendo quanti branchi e quanti esemplari mantenere, possibilmente solo nelle aree più selvagge e lontane da zone agricole ed abitate.

Se lo fanno negli Stati del Minnesota e del Michigan (USA) altamente abitati e coltivati, non si capisce perché non lo si possa fare anche in Italia, che ha una situazione simile, ed anzi peggiore dal punto di vista dell'antropizzazione.

Anche in Francia e Spagna, le autorità hanno saputo superare quel divieto europeo che da noi è un altro tabù: come se la legislazione europea fosse interpretabile a seconda della volontà nazionale.

La speranza è che non si aspetti la solita emergenza italiana prima di prendere provvedimenti e, non si rimandi ancora a studi e censimenti, che finiscono per... non finire mai e rimandare sine die ogni decisione; ovviamente lasciando che i pastori e gli allevatori continuino a pagare di tasca loro il diritto alla proliferazione del Lupo per il piacere di tutti noi.