Conservare la natura e i suoi selvatici per un futuro sostenibile con l'ausilio dei cacciatori. Due giorni sul campo con Fondazione UNA

Uno scorcio del tipico ambiente alpino nei pressi dell'osservatorio Bertolot. 

Siamo sicuri che la caccia definita da alcuni tradizione anacronistica non sia una chiave di lettura moderna e addirittura proiettata visibilmente verso un futuro migliore e sostenibile? Dove si assiste alla collaborazione fra il mondo venatorio, le istituzioni, l'agricoltura e la ricerca scientifica sono visibili anche i risultati delle attività di tutela e monitoraggio delle aree interne e montane non più abbandonate ma valorizzate nelle loro risorse.  

Tutto questo è perfettamente visibile e riscontrabile visitando quei luoghi e parlando con le persone coinvolte ma troppo spesso le informazioni non arrivano in modo diretto alla restante popolazione. Sono fondamentali a questo proposito progetti di informazione e condivisione per poter capire e anche partecipare alla realizzazione di tali dinamiche. Sono questi aspetti formativi e comunicativi che la Fondazione UNA si impegna a portare avanti nel panorama venatorio e scientifico per arrivare nel prossimo futuro a poter immaginare come concretamente raggiungibili tanti degli obiettivi indicati dall'agenda europea per la biodiversità 2030, che vuole arrivare a proteggere almeno il 30% delle superfici terrestri e marine degli Stati membri entro i prossimi cinque anni. In un evento di due giorni dedicato alla stampa la Fondazione UNA ci ha invitato a partecipare. Abbiamo potuto così confrontarci con giornalisti di diversi settori e condividere un'esperienza che ci ha portati in Lombardia fra la Valle Camonica e la Valbelviso accompagnati dai cacciatori e dalle guardie venatorie alla scoperta di tre realtà che insieme rappresentato anche tre fondamentali progetti della Fondazione UNA.

L'osservatorio  Corno Bertolot

Eugenio Carlini, direttore dell'Azienda Faunistica Valbelviso Barbellino ci illustra la storia e i progetti in atto per la tutela della tipica fauna alpina all'interno di questa realtà che è stata inserita da Fondazione UNA fra i siti OECM di tutela della biodiversità. 

Nella prima giornata abbiamo raggiunto l'osservatorio Bertolot che si trova al confine di un'area protetta nel comprensorio alpino CA4, un punto di osservazione voluto e costruito dai cacciatori con l'ausilio delle istituzioni locali, per poter osservare le popolazioni degli ungulati, in particolare camosci che hanno visto dei piani di reintroduzione nel passato, ma anche cervi e caprioli. Un'area difficilmente raggiungibile è diventata un concreto presidio di controllo del territorio e un luogo di studio  delle popolazioni dei selvatici, degli habitat, di sorveglianza anche del rischio di dissesti idrogeologici. Qui, cacciatori e polizia provinciale collaborano per la conservazione e anche nella lotta al bracconaggio come ha raccontato durante la nostra visita il responsabile della Polizia provinciale di Brescia Gianluca Cominini  «I progetti di reintroduzione di cervi e camosci partiti nel 1993, dalla collaborazione tra Provincia, comprensori e mondo venatorio hanno ricostituito le popolazioni naturali che oggi rappresentano una risorsa per il territorio e per i cacciatori stessi». È proprio questo infatti lo spirito che anima la passione di giovani cacciatori volontari come Andrea, presente ad accompagnarci, interessato alla tutela del suo territorio ovviamente e coinvolto anche dall'interesse per la caccia al camoscio e al cervo che qui vive. Questo è un esempio di quel sentimento che si traduce poi concretamente nell'impegno a favore della tutela ambientale riconosciuto dalla Fondazione UNA nel suo progetto cacciatori Paladini del Territorio. Questo progetto volto a creare sinergie tra enti, cittadini e portatori d'interesse genera poi un valore non solo culturale ma anche economico come ci ha fatto notare Marina Berlinghieri, responsabile delle relazioni istituzionali di Fondazione UNA.

In seguito alla visita presso l'osservatorio, la giornata si è piacevolmente conclusa a tavola a Rive dei Balti  presso l'agriturismo Le Frise con l'opportunità di poter provare a tavola le ricette dello chef Luigi Martini con menù a base di selvaggina e vini locali in linea con l'idea di valorizzazione delle carni selvatiche, altro fondamentale intento della Fondazione UNA con il progetto Selvatici e buoni. Una filiera di carne di selvaggina, certificata e controllata, rappresenta un'opportunità non solo economica per aree interne e montane ma anche per il consumatore finale che può attingere in modo sicuro a un mercato di carni dalle qualità organolettiche eccellenti, sane e dunque sicure, per un consumo che privilegia la qualità dell'alimentazione, rispetto alla quantità e allo sfruttamento dell'allevamento intensivo. Di questo si è parlato durante la cena con il presidente di Fondazione UNA Pietro Pietrafesa.

Condividiamo il menù della cena preparata dallo chef Luigi Martini presso l'agriturismo Le Frise a base di selvaggina. 
Selvatici e buoni è il progetto di Fondazione UNA di valorizzazione delle carni selvatiche attraverso una filiera controllata che vorrebbe offrire al pubblico la possibilità di consumo di carne sicura e di qualità e ai territori interni e di montagna un'ulteriore risorsa culturale ed economica. 

Visita all' Azienda Faunistico Venatoria Valbelviso Barbellino

Il secondo giorno della nostra trasferta è stato segnato da condizioni climatiche avverse che non hanno impedito però di godere la bellezza dei paesaggi che Aprica e la Val Belviso ci hanno dato modo di conoscere. Qui abbiamo visitato l'azienda faunistica più antica d'Italia, nata nel 1893 e ancora gestita dalla stessa famiglia di privati concessionari e da un nucleo di soci cacciatori che qui vivono una caccia molto strettamente regolamentata soprattutto al camoscio e alla tipica fauna alpina con il cane da ferma, con il principale obbiettivo di conservare e monitorare gli ambienti e le popolazioni dei selvatici. Grazie alla loro gestione e a progetti di reintroduzione, i costanti censimenti effettuati hanno dimostrato un aumento negli anni di selvatici come lo stambecco e la stabilità di specie sensibili come la pernice bianca.  Queste osservazioni hanno offerto opportunità di studio scientifico su specie e habitat minacciati dai cambiamenti ambientali, non solo, il servizio di vigilanza garantito dall'Azienda Faunistica contribuisce al costante controllo del bracconaggio capillare su oltre 12 000 ha di territorio . Questi dati positivi e questa collaborazione con il mondo scientifico hanno portato Fondazione UNA e l'Associazione AB a selezionare l'azienda Faunistica di Valbelviso Barbellino come esempio di gestione per il riconoscimento di questa e altre simili realtà come OECM, una sigla che sta per Other Effective area-based Conservation Measures, cioè strumenti efficaci per la tutela della biodiversità. Il mondo venatorio conosciuto da vicino è capace di mostrare concretamente il suo contributo positivo all'interno della società e dei territori, esperienze come questa organizzata da Fondazione UNA ne offrono esempio.