Le guardie zoofile non possono vigilare sulla caccia. Punto. Alla fine arriva il timbro decisivo del Consiglio di Stato su una vicenda che si sta trascinando dal 2009 e che vede protagoniste le associazioni animaliste e ambientaliste. Stavolta sconfitte su tutta la linea.
La storia: due ricorsi respinti
Il Consiglio di Stato ha rigettato definitivamente l'ultimo ricorso della Lega per l'Abolizione della Caccia. La vicenda affonda le radici in una decisione della Prefettura di Torino targata 2009, con la quale si limita la competenza delle guardie volontarie zoofile all'esclusiva vigilanza nei confronti degli animali di affezione. Niente caccia, per parlar chiaro. Primo ricorso: la LAC richiede che per i bienni 2009-2011 e 2011-2013 alle guardie zoofile siano attribuite funzioni di vigilanza per la protezione degli animali e la difesa del patrimonio zootecnico in generale. Con la sentenza 1315 del 14 agosto 2015, il Tar del Piemonte dichiara improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse e ne afferma l'infondatezza. Fuori dai denti: ormai è tardi per intervenire su quanto accaduto fino al 2013 e comunque non c'è ragione di intervenire, perché la situazione esistente non presenta profili di irregolarità. Secondo ricorso: la Lac contesta la sentenza di primo grado e sostiene che l'interesse permanga. E col provvedimento 4653 del 9 novembre 2016 firmato dal presidente Luigi Maruotti ed esteso dal consigliere Manfredo Atzeni, la Terza Sezione del Consiglio di Stato rigetta definitivamente ogni contestazione.
La sentenza: vigilanza solo per gli animali d'affezione
Il Consiglio di Stato apre ai ricorrenti soltanto da un lato e spiega quale sia la giurisprudenza nel caso in cui ci sia in ballo una decisione di stampo generale, anche se formalmente vincolata a un caso particolare limitato nel tempo: “qualora l’atto impugnato abbia perso effetto ma l’amministrazione possa, o meglio debba, provvedere nuovamente, la perdita di efficacia del suddetto atto non comporta la cessazione dell’interesse del ricorrente alla pronuncia del giudice amministrativo”. Il Tar doveva pronunciarsi nel merito, in sostanza. Ma nel merito si pronuncia l'ultimo organo della Giustizia amministrativa: “lo svolgimento dell'attività di guardia giurata è assoggettato al potere [d'autorizzazione] dell'amministrazione”. E visto inoltre che la norma nazionale prevede esplicitamente che le guardie giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile partecipino alla vigilanza “con riguardo agli animali di affezione”, è esplicitamente esclusa la partecipazione degli stessi soggetti ad altre attività di controllo: non è ammessa attività autonoma di vigilanza o di tutela a favore “di specie diverse da quelle inquadrabili come animali d'affezione”.
E per una volta è chiara anche la giurisprudenza, senza alcuna possibilità di diversa interpretazione.
(esseti)