Come si diventa cacciatori? Di padre in figlio, e… 

In principio..

La butto sul personale. 22 settembre 1966, all’ospedale di Urbino, verso le 14,30 di pomeriggio nasce un po’ in anticipo sulla data attesa il sottoscritto. Qualcuno è già partito per andare a dar la notizia a mio padre, che quel giorno e in quell’ora era a caccia col suo amico fraterno Giancarlo “Pippi” Polidori, e i loro cani. Poco prima del tramonto, c’è un giovanissimo Lamberto che lasciata fuori la Lambretta si sta precipitando - conciato com’era - fra gli androni dell’ospedale antico per prendere fra le braccia il suo figlio primogenito. È così che ci siamo visti per la prima volta io e mio padre. Un bimbo, in braccio a un giovane uomo ancora vestito da caccia, odoroso di cani e polvere da sparo, boschi e natura, sudore e due starne che s’era dimenticato di togliere dalla cacciatora del gilet.

Ora, senza scomodare platonici concetti e mistiche predestinazioni, o si afferma che Konrad Lorenz era un cretino e tutto quel che ha scritto sull’imprinting da l’Anello di Re Salomone in qua tutte sciocchezze, oppure bisogna ammettere che “qualcosina” tutta ‘sta roba l’abbia potuta anche significare nella mia formazione di cacciatore… o no?!

Specie poi se a tutto questo c’aggiungiamo l’essere cacciatori anche dei nonni (e di entrambi i rami familiari), così come cacciatori erano praticamente tutti gli amici di famiglia.

Certo, la scelta finale fu la mia - poche palle - ma l’occasione almeno per conoscere cosa fosse la caccia per davvero con tutti i suoi valori e i bagagli emozionali, m’era stata fornita nel migliore dei modi. Quello tradizionale. Solito, che per generazioni e generazioni era stato il veicolo principale del passaggio di testimone: di padre in figlio, per l’appunto.

La caccia è anche amicizia e condivisione, anche se gli stolti e gli ignoranti non lo sanno...

I racconti e le attese, i primi animali visti sui tableau, le leggende e infine la prima volta… So che in tanti, tantissimi sapete di che parlo, perché con cifre e stili peculiari, alla fine questa storia è un po’ quella di noi tutti cacciatori già negli “anta” da un bel pezzo. Ed è logico sia così, dato che per secoli e millenni, in un mondo caratterizzato da una potentissima dimensione rurale che era appena fuori casa, la catena iniziatica ha avuto sempre e comunque nella dimensione familiare il canale privilegiato per la trasmissione non solo della passione venatoria in quanto tale, ma di tutto quel che rendeva (e continua a rendere) la caccia nel suo assieme un vero e proprio universo culturale di valori.

Cultura e valori che abbiamo potuto fare nostri perché ci sono stati trasmessi, giorno dopo giorno, sino a divenire pane e companatico della nostra struttura spirituale.

Cacciatori si diventa…

Ecco che così sfato subito un mito: per quanto il predare sia istinto naturale più o meno connaturato in ogni essere vivente, nessuno può dirsi “cacciatore nato”!

Soprattutto se per “caccia” intendiamo non tanto il semplice atto di procurarsi il cibo mercé l’uccisione di un altro essere vivente, quanto piuttosto quella  complessa, articolatissima attività conoscitivo/culturale che l’uomo come specie ha continuato a praticare ben oltre il tempo in cui alla medesima era demandata la semplice, mera funzione “nutrizionale”.

La caccia, infatti - e già da epoche immemorabili - ha sempre continuato a esistere a prescindere dal grado di “civilizzazione” raggiunto da qual si voglia società per la sua esclusiva capacità d’assolvere a due funzioni basilari a livello ecumenico e del singolo individuo.

Una la possiamo definire proto-ecologica, ed è quella che vede nell’attività venatoria regolamentata e razionalmente (nonché artisticamente) praticata, uno dei principali fattori di tutela del paesaggio e mantenimento del perfetto equilibrio fra le varie specie selvatiche.

L’altra, è quella che vede nella caccia “moderna” quel sistema di pratiche ed emozioni capace come nessun altro di riconnettere l’uomo che se ne appassioni alle sue radici più vere e più profonde: selvagge e spirituali in unum.

Parliamo quindi d’un universo così complesso e articolato, così profondo e ricco di sfaccettature che nessuno – e ripeto nessuno- può nemmeno sperare di far suo senza averlo conosciuto nel profondo, dapprima attraverso uno “studio matto e disperatissimo” seguito poi da anni ed anni di pratica indefessa sulla scia delle stagioni… into the wild.

Tutto per dire che, da che mondo e mondo, cacciatori lo si può solo diventare.

Avendo prima avuto modo di conoscere cosa sia la caccia, e quindi decidendo di farne uno stile di vita proprio, capace di conformare un’esistenza tutt’intera.

Ecco che tutto questo pone ora sul tavolo la domanda delle domande: ma come fa oggi un ragazzo a conoscerla la caccia specie poi se i nonni non ci sono più, babbo è un pezzo che ha appeso la doppietta al chiodo, oppure non ci sono mai stati né un nonno né tanto meno un padre cacciatori che avrebbero potuto trasmetterla la passione?

Dice: e infatti i cacciatori sono in calo…

Mica vero! È fenomeno questo per lo più ristretto e circoscritto a certe forme di caccia, e solo in Italia, dato che nel resto del mondo la caccia continua ad avere un consistente numero di praticanti, con addirittura una significativa presenza di giovani soprattutto dal mondo femminile, sempre più ricca ed “agguerrita”.

Di dove vengono allora questi “nuovi cacciatori” se la catena tradizionale pare essersi indebolita? Come hanno conosciuto la caccia e se ne sono appassionati, questi nuovi cacciatori e cacciatrici?

Il fenomeno merita attenta analisi…

Le due vie (oltre la tradizione) …

Il risultato in termini di carniere, è l'ultima delle cose per cui si caccia: prima ci sono la passione, i valori e le emozioni...

Or bene, ci sono due vie oltre alla canonica, che oggi portano “al bosco”, una della quali adesso più che mai importante e significativa, ma c’arriveremo per gradi. Prima, m’interessa parlare di quella che è la via di mezzo – la cerniera (che è sempre esistita), fra passato e presente- rappresentata dall’ “osmosi” /emulazione di tipo sociale. La faccio spiccia: è il caso di quei NON cacciatori, che mai hanno avuto un avo cacciatore, che tuttavia - spesso anche parecchio in là con gli anni - incontrano la caccia tramite un collega di lavoro o un amico, e ne rimangono stregati…

Parlo apertis verbis di quei quaranta/cinquantenni che alla caccia sono arrivati per via autonoma e per i quali è stata assoluta… folgorazione!

Li riconoscete subito, perché a differenza di noi “nativi venatori” – un po’ perché abbiamo conosciuto tempi migliori, un po’ perché qualche affetto per strada l’abbiamo perso di sicuro (un nonno, un genitore, spesso tanti cani…) – questi qua, i boomer new hunters, freschi di passione nonostante l’anagrafe, vivono la caccia in maniera così entusiastica e totalizzante da sembrare quasi “matti”!

È normale, invece, perché è d’amore che si tratta. Un amore poi che come tutti quelli maturi, tardivi sa farsi vera e propria ossessione giustamente monomaniacale! 

E infatti – lasciatemelo dire - che belli che sono i giovani cacciatori… stagionati!!! Vivono tutto ai 200 all’ora. Parlano solo di caccia, e solo di caccia gli interessa. Studiano tutto, s’informano su tutto, e cercano di compensare in ogni modo la loro duplice consapevolezza: da una parte, quella di essersi privati di anni che non possono recuperare; dall’altra, di non avere tempo da perdere per “consumare” al meglio la loro nuova passione con la dea Artemide. Cosa che li porta a vivere in un eterno presente fatto di caccia e… basta.

Fra fiere e corsi, iscrizione a pagine web e social media, partecipazione a raduni cinofili e sottoscrizioni ad ogni associazione riconosciuta; oltre ad essere dei grandissimi consumatori di prodotti culturali relativi alla caccia, a partire dalla rete.

Già, la rete… A latere di questi - spesso solidi d’altre esperienze (e portafogli) - ci sono infatti (e addirittura) i cacciatori nativi digitali. Sui quali merita spendersi più di una parola…

Ora, cosa intendo per “cacciatori nativi digitali”?

Semplice: quelli che sono divenuti cacciatori dopo aver scoperto la caccia on line.

Insomma, quelli che la caccia prima di gironzolare per il web, non l’avevano mai nemmeno sentita nominare, se non in modo vago, superficiale e sicuramente negativo su uno dei soliti media mainstream.

Ragazzi (e qualche ragazza) che un bel giorno, chissà come e poi perché (ma molti per essersi avvicinati agli universi wild e off-grid in quanto tali), sono arrivati per caso su canali come www.all4hunters.com o similari, hanno visto video di caccia e cani, avventure e recensioni di prodotto, e piano piano gli si è come iniziato ad aprire un mondo.

Un mondo diverso dal loro. Certamente. Un mondo senza asfalto e cemento. Ma con tanta, tanta avventura.

Un mondo senza connessioni virtuali, ma in grado connettere alla verità di quel che regge il cosmo e l’universo unendo in un unico afflato “cose” ed esseri viventi.

Jack London ci ha scritto un libro per descrivere questa “rivelazione” quando avviene: Call of the Wild, il Richiamo della Foresta.

Ed è qualcosa in ogni caso di totalizzante, esplosivo, come una sorta di big bang…

Parlo di questo con cognizione di causa, perché alcuni di questi ragazzi (e ragazze), li ho conosciuti e tutt’ora li sento ogni volta che posso, per qualche scambio di vedute o un semplice consiglio.

Nemmeno dire che sono tutti “esseri” fantastici!

La passione per la caccia può essere ereditaria. In questa foto del 1925 vediamo il nonno di un membro della squadra con un bel carniere e alcuni amici cacciatori.

Un balsamo da incontrare, una medicina da frequentare, per tutto quello che rappresentano in assoluto – la speranza in un mondo migliore – e soprattutto nella dimensione relativa di questo mestiere che faccio da una vita e nel quale credo come a una missione, che a questo punto ha potuto acquisire un senso completamente nuovo non scevro d’un suo potere intrinseco ai limiti del magico: …può creare cacciatori!

Sì, avete capito bene. Viverla e raccontarla la caccia, non serve solo a promuoverla fra di noi praticanti - ora più che mai - serve a farla conoscere a chi non ha avuto un padre o un parente, oppure un amico che lo ha preso per mano e gliel’ha fatta incontrare.

Serve ad aprire un varco al giardino segreto.

Serve a risvegliare anime e coscienze.

Serve a farci tutti “genitori”, noi che facciamo questo lavoro, dandoci l’opportunità di prendere per mano giovani d’ogni età per trasmettere nella maniera più nobile e genuina possibile quel che i nostri avi trasmisero a noi in modi differenti.

Quindi lasciatemelo dire dopo tanti anni pieni di soddisfazioni, ma pur di 1000 sacrifici: se da tutto questo qualcuno ha imparato qualcosa…

Se da tutto questo scrivere e far foto, raccontare e crear video, mettere in scena tutto il bello che c’è in questo nostro mondo è nato anche un solo cacciatore…

Uno, ne sarebbe bastato solo uno…

Allora fatemelo dire: ne è valsa davvero la pena!

Di più: tutto questo è stimolo a fare sempre meglio e a non mollare di un centimetro. Perché sia caccia sempre più bella, ricca e consapevole oggi. E perché sia caccia anche domani. Quando magari proprio uno di questi ragazzi che han scoperto la caccia nel web, sapranno portare i loro figli dentro il loro mondo.

In un modo qualsiasi.

Magari come tanti anni fa, per davvero, in una mattina di tenebra fece per me il mio babbo svelandomi la luce…