Per gli appassionati cacciatori che seguono questi selvatici, vedere branchi di colombacci che sorvolano boschi di querce e lecci secolari o edere ormai pronte con le loro bacche a sfamarli durante l’inverno, sono da anni una piacevole realtà.
A partire da novembre, quando le emozionanti mattinate vissute sul palco iniziano a prendere le sembianze dei ricordi, l’impegno e la passione dei cacciatori di colombacci si riversano nella caccia con le aste in cui esperienza e bravura da mettere in campo restano le stesse, così come le soddisfazioni.
I selvatici con cui ci si confronta in questo periodo non sono certamente quelli più ingenui e a volte stanchi di ottobre, pronti a lasciarsi convincere dalle lusinghe dei volantini, ma l’allestimento sapiente della tesa e l’utilizzo altrettanto esperto dei cimbelli sulle aste può portare ugualmente i colombacci a tiro utile per i cacciatori.
La caccia inizia qualche giorno prima della battuta vera e propria, con il monitoraggio dei territori frequentati dai colombacci, i campi o gli scampoli di bosco in cui si recano in pastura e i loro luoghi di rimessa.
Il teatro in cui la caccia andrà in scena sarà infatti lo stesso, i medesimi alberi prescelti come posatoi e le stesse linee di affilo seguite quotidianamente da questi abitudinari selvatici.
I luoghi eletti a dormitori dai colombacci sono quasi esclusivamente situati in zone interdette alla caccia, quindi conoscere i punti di attraversamento e di sosta verso i luoghi i pastura significa costruire su basi solide la tesa in cui vivere le nostre emozioni venatorie. I boschi di querce ancora ricche di ghianda saranno i luoghi eletti per le mattinate di novembre, seguiranno poi i boschi soprattutto di lecci a dicembre per concludere con le irresistibili edere di gennaio, una vera sicurezza per le battute di fine stagione.
Veniamo ora alle aste. Che questa caccia si annoveri fra quelle vaganti non è certo da intendersi come qualcosa di neanche lontanamente improvvisabile. I veri cultori di questa caccia costruiscono da soli le proprie attrezzature, ma per coloro che intendano iniziare, sono reperibili in commercio o direttamente rivolgendosi ad alcuni esperti colombai che sapranno oltre che fornirle, magari dare qualche prezioso consiglio su come utilizzarle.
Alcuni fra quelli che conosco consigliano prima di tutto di non esagerare con la lunghezza, al massimo 10 metri, per non rischiare vistose flessioni che allerterebbero i colombacci. Solitamente le migliori aste sono in alluminio leggero e al loro interno alloggiano un semplice sistema di carrucole che alzano e abbassano lo stantuffo in cima al quale si trova il piccione. Questo, sollecitato compirà una breve evoluzione aerea in verticale per poi tornare a posarsi imitando il comportamento di un colombaccio in arrivo invitando così i suoi simili a fare lo stesso.
Altro dettaglio fondamentale è il colore dell’asta ovviamente verde o comunque in tinta con il bosco e sempre opaco per evitare riflessi di luce visibili da grandi distanze per i colombacci.
Pur chiamandosi caccia con le aste, l’allestimento della tesa prevede spesso oltre all’utilizzo di questi congegni anche la sistemazione di stampi e ribaltine o racchette in prossimità del riparo temporaneo in cui si trovano i cacciatori. Solitamente lo schema seguito è un’asta alta alla destra, una alla sinistra del capanno e una ribaltina più vicina, pochi metri davanti.
Questo perché con le aste si richiamano i colombacci più lontani che devono in qualche modo notare la tesa grazie al vistoso cimbellare dei piccioni, per poi però venire attirati negli ultimi momenti decisivi da brevi e sicuri movimenti di racchetta che li indirizzeranno in modo preciso proprio in direzione dell’appostamento.
Per la costruzione del nostro riparo è consigliabile l’utilizzo di un telo fogliare con l’aggiunta di essenze vegetali reperite in loco. Ovviamente questo senza trascurare il nostro personale abbigliamento che con questi selvatici non può che essere camouflage ed in tinta con l’ambiente che ci circonda in ogni suo dettaglio.
Due parole doverose vanno spese per i nostri ausiliari alati in questa caccia, i piccioni, che oltre ovviamente ad avere un’esperienza collaudata nel lavoro da svolgere sull’asta e un feeling assoluto con il cacciatore che li ha allevati e addestrati, potranno anche essere perfezionati in alcun dettagli estetici come la colorazione delle bande bianche sulle ali per renderli quanto più simili possibile ai colombacci. Ovvio che se si dispone di qualche vero colombaccio in batteria, il risultato è garantito, ma questo è un lusso e soprattutto un impegno che pochi eletti vantano.
Bene, valutati dunque i siti frequentati dai colombacci e passata in rassegna l’attrezzatura di cui fin qui abbiamo parlato possiamo passare alla caccia vera e propria.
La sveglia dovrà necessariamente suonare almeno un’ora prima dell’alba, perché tutto sia pronto e perfettamente allestito per quando inizierà il movimento mattutino dei selvatici, solitamente dalla comparsa del sole in poi. Inutile ricordare di mettersi in un punto da cui si domini la direzione di venuta dei colombacci, leggermente sopraelevati o laterali rispetto alle linee di affilo seguite dai selvatici in modo da scorgerli a tempo debito.
Le aste chiaramente dovranno appoggiarsi agli alberi vicini rispetto a quelli solitamente prediletti dai colombacci come posatoi, altrimenti si ottiene l’effetto contrario, cioè di scacciarli, occupando i loro alberi preferiti. Se il bosco spoglio lo consente, anche qualche stampo ben piazzato nei dintorni dell’appostamento contribuirà positivamente alla nostra causa.
L’affiatamento tra compagni di caccia all’arrivo dei colombacci risulterà decisivo, sia nella fase di gestione dei piccioni, quindi nel cimbellare, che nel momento finale del tiro.
Per quanto riguarda questo specifico aspetto, solitamente i cacciatori decidono prima, in base al luogo e alle abitudini dei selvatici che lo frequentano se optare per il tiro a fermo sui colombacci in buttata, oppure tirare a volo di passata ai selvatici che semplicemente sorvolano o sfilano a tiro utile nei pressi del capanno. Se si opta per il tiro a fermo, sarà fondamentale aspettare a nervi saldi che tutti i colombacci dopo le varie evoluzioni della curata, siano giunti a posarsi, imbracciando e impostando la fucilata in anticipo verso i rami solitamente scelti come posatoi.
Ci sorvoleranno più volte attirati dai richiami, ma ugualmente sospettosi e in fase di accertamento, fin quando una vera e propria folata di vento “selvaggio” non metterà tutto a tacere e da lì in poi non ci si potrà più muovere per alcun motivo.
Per questo l’intesa è imprescindibile fra i cacciatori.
Si può tuttavia sommessamente contare fino a 3 o darsi un segnale convenuto per tirare nello stesso istante e far si che l’azione sia perfettamente conclusa con la massima soddisfazione di aver avuto la meglio con impegno e passione su di un selvatico scaltro e sospettoso.
Decidendo di sfidare i colombacci al volo invece, la prima cosa da tener presente è un posto alternativo in cui cacciare la volta dopo. Sembra ironico ma non lo è. È noto che se sparati al volo i colombacci si sposteranno immediatamente in un luogo ritenuto più sicuro e per un po’ dovremo rassegnarci a non rivederli. Ma se si conoscono più siti frequentati da questi selvatici e anche il luogo lo impone perché nel folto del bosco il tiro a fermo non è possibile, allora la tesa allestita in un luogo di passata diviene necessaria e per alcuni anche molto più divertente e sportiva.
L’importante anche qui sarà tirare nel modo più coordinato possibile con i propri compagni e soprattutto a selvatici ben visibili a tiro utile per non creare eccessivo disturbo ai branchi in movimento. Se si caccia nel bosco, l’ausilio di cani ben educati e pronti a riportare a comando può rivelarsi fondamentale alla fine della caccia per il recupero dei selvatici abbattuti.
Per quel che riguarda i fucili più idonei a queste tipologie di caccia, possiamo dire che nel tiro a fermo i basculanti, doppiette o sovrapposti, non troppo strozzati, dato che si parla di distanze relative, possono risultare più pratici non solo nell’imbracciata, ma anche per la scelta della cartuccia da utilizzare in base alle esigenze dettate dal momento.
Il semiautomatico, preferibilmente in calibro 12, chiaramente nei tiri di passata e nel bosco può aiutarci a recuperare selvatici scarseggiati o comunque darci qualche occasione in più nel tiro al volo.
In quanto alle munizioni; normali cartucce da 36 grammi in piombo 7 o 6 al massimo andranno benissimo per i tiri a fermo. In prima canna per i selvatici più vicini che abbiano creduto ciecamente al gioco si potrebbe anche optare per una cartuccia senza contenitore. Bossoli in plastica a chiusura stellare e contenitore sono invece indispensabili per il tiro al volo, con cartucce da 35 o 36 grammi in piombo 7 o 6 in prima canna fino al 5 o 4 per seconda e terza.
Concludo consigliando a tutti gli appassionati in cerca di consigli e nuove soluzioni per questo tipo di caccia alcuni nomi come Massimo Bellandi o Nannini tecnica, facilmente rintracciabili sul web. Il fai da te per la costruzione di aste o altre attrezzature specifiche non è consigliabile, sia per migliorare che per iniziare infatti a volte può essere illuminante rivolgersi a cacciatori o costruttori come questi che hanno fatto di questa tradizione un vero culto da cui trarre emozioni e soddisfazioni che nel nostro mondo di cacciatori sono la vera essenza.