Caccia alle coturnici: ritorno in Bosnia Erzegovina

Modeste nelle altezze le montagne della Bosnia Erzegovina vedono nel terreno carsico e roccioso la maggiore insidia per il cammino di cani e cacciatori 

Hanno un fascino che definirei decadente le montagne della Bosnia Erzegovina. Aspre e apparentemente inospitali nei loro profili rocciosi e aridi, modeste nelle altezze della regione che frequentiamo eppure così ricche di biodiversità se si ha la costanza di scoprirle in cammino. I volti dei pastori che si incontrano lungo i sentieri e le strade sono consumati dalla fatica ma sempre illuminati dal sorriso di chi ha trovato nell’essenziale una pace a cui non rinuncerebbe per qualsiasi comfort. Sono loro ad indicare spesso la pista da seguire perché hanno avuto occasione di vedere le coturnici che pur essendo creature quanto mai schive, approfittano ben volentieri della presenza umana nei pascoli e nelle radure dove il passaggio del bestiame e i fuochi controllati dai pastori per contenere l’avanzata dei boschi generano nuovi germogli di erbe spontanee. Nonostante l’autunno stia per cedere il passo all’inverno le temperature che troviamo al nostro arrivo sono ancora ben oltre la media stagionale e i boschi che coprono le dorsali delle montagne fino alle medie altezze ancora completamente coperti di foglie. La visibilità in queste condizioni è ridotta al minimo fra quercioli fitti e macchie di carpino dove le coturnici trovano un rifugio sicuro dai predatori.

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A caccia di coturnici

Le coturnici vivono in simbiosi con la pastorizia presente su queste montagne e una caccia consapevole e rispettosa conserva e monitora questi selvatici 

Ilija Zovko che ci ospita nei territori della sua agenzia le due Regine ci accompagna nelle nostre uscite e spesso c’è con noi anche Marko, un giovane amico che dedica alla caccia ogni momento libero delle sue giornate. La passione condivisa per i cani da ferma ci trova ogni volta più uniti e desiderosi di confronto, mentre osserviamo il lavoro dei nostri setter fra le rocce che costringono i cani ad un passo più lento e riflessivo per evitare infortuni ed escoriazioni ai polpastrelli che li renderebbero inservibili nell’arco di poche ore. Le giornate qui sono scandite generalmente dal ritmo del cammino costante dall’alba al tramonto in cui ci si ferma soltanto per qualche pausa di ristoro. In questa trasferta sono invece molte le ore di sosta forzata che la pioggia incessante ci costringe a fare. Insistiamo e cerchiamo spesso di cacciare anche nel diluvio facendoci guidare soltanto dall’ostinazione che contro gli eventi naturali è sempre inutile. 

Nonostante le difficoltà legate al meteo e la vegetazione ancora fitta presente sulle dorsali dei monti riusciamo ad avere le nostre occasioni. La compagnia di Ilija Zovko e delle sue giovani guide è essenziale e piacevole per i cacciatori 

Dei quattro giorni disponibili alla caccia riusciamo a concludere i primi due ma nei momenti di tregua che il meteo ci concede riusciamo a procurarci le nostre occasioni. L’incontro con questi selvatici che la fine della cultura rurale ha reso molto più rari nel nostro Paese rappresenta un’emozione unica ogni volta. Un banco di prova senza sconti per i cani che in questi ambienti devono dimostrare capacità fisiche e mentali.  All’avidità irrinunciabile per esplorare terreni vasti devono aggiungersi il coraggio e la resistenza. Doti irrinunciabili sono anche l’equilibrio e la solidità nella ferma che consentono al cacciatore di poter arrivare a concludere le azioni sulle coturnici che costantemente sfruttano a proprio vantaggio il terreno roccioso per sottrarsi inosservate con largo anticipo prima di pedina poi in volo verso il vuoto dei burroni. Una sfida fatta di ruoli e intese che però cementifica spesso in questa caccia il rapporto fra uomini e cani rendendoli una cosa sola. Condividiamo con voi l’intensità di quei giorni di novembre sperando di rendere omaggio agli appassionati di questa tipologia di caccia e mostrare almeno in parte il fascino di questo selvatico a coloro che vorrebbero conoscerlo. Ancora una volta è chiaramente visibile come  cacciatori e selvatici possano convivere e prosperare in un rapporto di rispetto e conservazione che al contrario il proibizionismo tout court e le economie di sfruttamento non hanno saputo garantire.