Beccacce, che… stagione!!!

Stagione 2024/25: l’invasione delle beccacce…

Arma tradizionale e attrezzatura tecnica, nessuno dei due fattori "salva" o "condanna" le beccacce.

Ma come, le beccacce non stavano “finendo” per “colpa” della caccia all’estero? Dei beeper e dei satellitari? Dei “troppi” che ci vanno? Di quelli con le dispersanti e i fucili specialistici? Dell’abbigliamento ad alta visibilità degli scarponi tecnici e via delirando, fra mille idiozie una più inverosimile dell’altra?!

Calma, e stiamo ai fatti…

Or bene, come dicevamo nell’occhiello, dopo due o tre annate come sempre altalenanti e a “macchia di leopardo” in termini di presenze, ecco che ti arriva la stagione 2024/25, e ti ritrovi una vera e propria invasione di beccacce a ogni latitudine, come non se ne vedeva da tempo.

Una bella coppia di beccacce con uno degli strumenti ormai indispenzabili nella moderna cinofilia: il sistema GPS per il controllo e la sicurezza dei cani. Qui, l'ultima versione del Tr-Dog by Sapio.

Bene, ma cosa è successo? No, non sono spuntate da sotto i funghi né le ha portate la cicogna. E nemmeno le hanno fabbricate gli elfi di Babbo Natale come regalo per i beccacciai.

Il fatto è che erano sempre state lì (poi capiremo dove), solo che causa stagioni calde e siccitose alle nostre latitudini, negli ultimi due anni semplicemente non erano calate in massa. Perché?

Un passo indietro per farne due avanti.

Gli è che la beccaccia, in termini strettamente etologici, non è da considerarsi un migratore vero e proprio, quanto piuttosto un erratico a largo, larghissimo raggio.

Ovvero, uccello affatto differente dai turdidi e dai colombacci, che non lega i suoi spostamenti al fotoperiodo e ai naturali cicli della vegetazione, quanto piuttosto alla possibilità (o meno) di assolvere alle sue specifiche esigenze biologiche, che da insettivoro “puro e duro”, sono tutte legate alla possibilità o meno di reperire la sua specie-specifica fonte di nutrimento: gli insetti, per l’appunto.

Beccaccia, cartucce speciali Nobel Sport e doppietta Becassier RFM. Basta poco per essere... felici!

Ora, la loro presenza, la loro reperibilità o meno, è tutta legata a un fattore e solo quello: il clima.

Clima che tra l’altro, gioca un altro ruolo determinante sulla vita della beccaccia per quel che riguarda la peculiarità del suo metabolismo basale velocissimo, caratterizzato da un’alta temperatura corporea, e da una conseguente zona-ambiente di benessere; che per natura ha da essere fresco (quasi freddo) e umido.

Quello, insomma, in cui “sta bene” e può alimentarsi facilmente pescando col suo particolarissimo becco tutte le prede di cui ha bisogno dal terreno e fra il fogliame.

Troppo caldo e secco, quindi? Zero beccacce, è praticamente matematico.

Una magica giornata nelle riserve TQF con quota piena per Andrea e Matteo (3 beccacce a testa). Anche se ce ne possono essere di più, poi si apre il fucile e si gira solo per i cani... SEMPRE!

Come con troppo freddo e tutto gelato (che fa sparire gli insetti e rende il terreno duro come marmo).

Ne consegue che, quando nei suoi territori di cova e permanenza estiva (tutti al Nord, dalle isole inglesi fino alle regioni più estreme della tundra siberiana) arriva dopo l’autunno il rigidissimo inverno artico, lei si muova verso Sud-Sud Ovest in cerca di climi più propizi e ricche pasture.

Che giocoforza saranno quelli corrispondenti a un “quasi autunno” ideale che per lei rappresenta l’optimum.

Va da sé che, se per caso, dalle Alpi in giù (e via a tirare una bella riga creando un ideale parallelo “beccacciaio”) quando dovrebbe essere autunno/inverno hai invece ancora una mezza estate… Ecco che allora di beccacce ne vedi poche, anche pochissime, dato che sempre (sempre, sempre!) preferiranno fermarsi laddove avranno possibilità di stare bene.

È naturale, logico! Ed è esattamente quel che è capitato nelle ultime 2/3 annate precedenti. Dove di baggianate se n’è sentite pure troppe…

E tutte senza il minimo addentellato con la realtà, al netto di ogni principio di verosimiglianza.

Specie poi riguardo a tutte quelle voci di mezzi matti e disagiati vari che sui social, mentre farneticavano di “poeti cacciatori” del passato e di “distruttori del presente” (sempre gli altri, ovvio), si sono trovati ad aizzare una canea di boiate una più grossa dell’altra, a solo alzo d’isteria senza un addentellato che uno con la realtà dei fatti.

Troppo spesso – ahimè – addirittura sostenuti da “istituti e istituzioni” autoelettesi a numi tutelari della beccaccia (a pagamento)!

Lo ripeto, il tutto al netto di ogni verità e verosimiglianza, specie per quel che riguarda il passato.

Passato e presente della beccaccia

Emanuel Festini col risultato di uno splendido lavoro dei suoi setter: davvero fenomenali specialisti!

Già, il passato… Pare, a sentire certuni nostalgici del campano e di quando a caccia ci si andava in bicicletta (ma lo scrivono sui social da uno smartphone, magari mentre tornando dalla caccia con l’amico in auto…), che una volta in giro per “cime, boschi e paludi” fossero solo conservazionisti tutti “etica e misura” …

Ma è vero? No, e basta leggere Garavini e Gramignani per capirlo, e vedere le foto pubblicate nei loro libri di storie.

Il primo aveva la “squadraccia”, e se in Beccacce e Beccacciai fate il computo dei carnieri di beccacce che realizzava, beh, vi viene un colpo.

Il secondo, e senza filtri, ci racconta apertis verbis della posta che – militare in Jugoslavia – faceva con regolarità ogni sera sotto le luci di un campo da calcio improvvisato in cui a volo e a fermo “fucilava” decine e decine di beccacce al giorno, senza limiti e ritegno.

TQF, Croazia, il carniere giornaliero di tre cacciatori realizzato alla fine di novembre 2024 in una giornata da 25/30 incontri.

Erano gli anni di 1.500.000 di doppiette solo in Italia. Erano gli anni della caccia tutti i giorni della settimana, dove quasi non esistevano parchi e bandite. Erano gli anni di stagioni che iniziavano ad agosto e finivano il 31 marzo, con addirittura aperture speciali a maggio per le quaglie a mare, in entrata. Erano gli anni della posta mattutina e serale legalizzata, e anzi, cantata e celebrata anche sulle pagine delle più prestigiose riviste come forma di caccia “poetica” e “sportiva”.

Gli anni in cui la beccaccia la si cacciava in tutta Europa, era tradizionale la “croule” (caccia primaverile sul volo nuziale) in Francia e non solo, e si organizzavano raccolte di uova dello scolopacide per la frittata di Pasqua in parecchi Paesi del Nord Est.

E oggi? Nel tanto vituperato presente?

I cacciatori in Italia si sono ridotti drasticamente, con meno di 600.000 praticanti, tantissimi dediti soprattutto al cinghiale e agli ungulati.

Le giornate di caccia, sono tre la settimana, punto.  In molte regioni, la caccia alla beccaccia chiude al 31 dicembre, in parecchie al 10/15 gennaio, e come sia, il 31 è chiusa per tutti.

La posta è illegale da anni ed anni. Parchi, oasi, sic e ZPS, si sono moltiplicati a dismisura. E in quanto all’estero, tranne pochi Paesi dove chiude il 28 di febbraio (e con tutte le ragioni!), da nessuna parte si caccia più in primavera, con addirittura (partiamo da Nord) Germania, Olanda e Paesi Bassi, Austria, tre cantoni della Svizzera e Slovenia, Romania e l’80% dell’intera Bulgaria, dove la beccaccia è da tempo immemorabile (soprattutto per differenti tradizioni locali) specie del tutto depennata da qual si voglia calendario venatorio. Cioè, non la si caccia, punto.

Certo, c’è un po’ di turismo venatorio (con numeri ridicoli) fra Lapponia e Paesi Baltici, ma del tutto ininfluente in regioni che hanno visto aumentare di circa il 30% il territorio di nidificazione della beccaccia, grazie a un impressionante incremento dell’intera superficie forestale.

Quanto a Ucraina e Federazione Russa (11 fusi orari, dove c’era un tempo un po’ di turismo di caccia), “credo” che, ora come ora, abbiano ben altri problemi che cacciare (beccacce, o altro).

Il rapporto cane e cacciatore: simbiosi pura, specie a beccacce...

Ergo, possiamo affermare senza tema di smentita che proprio oggi siamo in un momento storico in cui la pressione generale sulla specie è al di là di ogni ragionevole dubbio infinitamente diminuita rispetto a un tempo. E di parecchio.  Certo, abbiamo cani specialisti che una volta se li sognavano.

Sicuro, per i cinofili è specie di mito sulla quale concentrare (anche per mancanza d’alternative) tutte le loro attenzioni e i loro sogni.

Vero poi, sono in nostro posso strumenti tecnici quali beeper prima e satellitari poi, assieme a fucili e cartucce specialistiche, che in ogni caso così come rendono fruibili cani a grande cerca fenomenali, altrettanto rendono un “tantino” più agevole sparare nello short e medium range.

Ma chiusa lì. Tutto per dire che al di là di isterie e baggianate, follie varie e panzane vere e proprie (frutto sempre d’invidia ed ignoranza), la pressione sulla specie è come minimo né più né meno quella di una volta – anzi, se si analizzano i numeri e ragioniamo in termini global anziché local, vien da dire che sia diminuita, e di parecchio – mentre quel che è cambiato sono due fattori e solo quelli: clima e ambiente.

La beccaccia e il clima

Si comincia dalla stagione estiva senza sparo a rimettere in forma i cani (e i cacciatori), cementando condizione e affiatamento...

Da me in Croazia che sarebbe stata una stagione magica lo si intuiva da parecchi fattori e già da ottobre: macchie rosse da pieno autunno, piogge persistenti, fresco arrivato bene e prime spolverate di neve sulle montagne. E infatti… Dalla fine del mese, anche nei boschi di pianura si è iniziato a trovar le prime. Con novembre poi, che mantenendo il trend ha consentito un numero d’incontri pressoché costante ovunque si provasse ad andare, anche in zone presso il mare dove di solito non si vedono sino alla metà di dicembre e pure oltre.

Era il 2 del mese di Natale quando, in un solo pomeriggio, ne incontrai almeno una decina per poi farmi non male, ma malissimo al ginocchio causa una brutta caduta che mi ha causato distorsione con parziale rottura del crociato, stiramento di un collaterale e microfrattura di un corno meniscale.

Un mese e mezzo fermo, dove mi sono perso 6 settimane di vera e propria furia di passo e sosta che ha visto giornate, tutti i giorni, con non meno di 20/25 incontri al giorno a testa. E punte addirittura che non dico (ma ne ho le prove) per non essere tacciato di… mitomania!

Fermo, telefonavo anche ai tanti amici in Italia: stessa storia, e più o meno dappertutto. Come stessa storia in tutti i Balcani, giù giù sino a Bosnia, Macedonia e Bulgaria, Grecia e Albania.

Un’invasione di beccacce…

Una specie di magia che ho potuto riiniziare a toccar con mano solo dalla metà di gennaio, quando finalmente, passato il top, in ogni caso quel che restava è stato più che sufficiente per far tornare a correre e divertirsi i miei cani (io, caccio e vivo SOLO per LORO), facendo anche qualche giusta e sacrosanta fucilata.

Cosa ha causato tutto ciò? No, non la mia caduta, ma la “calata” magica delle beccacce?

Presto detto: dopo un autunno autunnale, è arrivato un inverno invernale, con freddo e neve da Nord Est, che così come ha stretto in una morsa quasi tutti i Paesi nel parallelo nord-alpino, altrettanto ha fatto sì che le beccacce arrivassero copiose anche alle nostre latitudini, e spesso con numeri che hanno fatto gridare al miracolo!

Ovvio, dove c’erano gli ambienti per poterle ospitare…

L’ambiente della beccaccia

Eccoli qui, Danillo, Emanuel e il nostro Andrea, assieme ai loro cani a celebrare una magica giornata di passione ed avventura.

Linneo la classifica come Scolopax rusticola. Non delle maggiatiche, non dei campi arati devastati dai diserbanti, e nemmeno dell’asfalto e del cemento. Rusticola, appartenente cioè alla res rustica: la natura selvaggia quella vera. Ove anche la presenza dell’uomo (che non è specie aliena, ma esso stesso parte integrante della natura) è svolta in maniera conforme con i ritmi e le leggi naturali. Quelle leggi che non prevedono sfruttamento intensivo del suolo e delle sue risorse, e per le quali il calcestruzzo non esiste, come il bitume è materiale che deve stare sotto, non sopra la terra.  Ne consegue che dove ancora l’ambiente lo consentiva e lo consente – nei boschi idonei circondati da prati, pascoli ed incolti - di beccacce se ne sono viste tante, dalle Alpi agli Appennini, da Aosta ad Enna. Dalle altre parti no, perché s’è vero come vero che in tangenziale proverbialmente è cosa effimera pur la vita di un gatto, per una beccaccia quella è zona off limits punto e basta.

Concludendo

Tutto per dire: state sereni, sempre. Di beccacce, è strapieno. La specie sta benissimo. E non c’è alcuna ragione di temere, oggi più che mai, che siano i comportamenti di cacciatori che rispettano le regole e le leggi a metter a rischio l’esistenza della specie. In Italia come ovunque. Anzi…

Il problema semmai è un altro, ed affatto differente. E viene dai NON cacciatori o dai sedicenti tali, più avvezzi a comode poltrone ben retribuite, che a macinar chilometri dietro la coda dei loro ausiliari, sotto tutti i cieli del mondo, fra spinare atroci e fitti roridi di guazze fra gelide tempeste. Piedi dolci espertissimi di sicuri stipendi e lautissime prebende, allergici alla fatica di consumar scarponi col rischio di rompersi una gamba per amore di sé stessi e dei propri cani sulla scia della passione.  Questi sì, “nocivi” veri…

Buona vita a tutti, e al prossimo anno carissime… regine!

Con la speranza che si replichi… (magari senza rompermi un ginocchio).