Caccia e cinofilia: alla lepre con il segugio dell'Appennino

Abbiamo trascorso alcune giornate di caccia sull'altopiano dei sette comuni e lì abbiamo potuto conoscere storie di uomini e cani che condividono non solo la stessa passione, ma la vita nel senso più generale e anche profondo del termine. Roberto Costa ad esempio, che ci ha ospitati a casa sua prima di uscire a caccia di lepri in montagna. Il canile in cui i suoi cani vivono è più propriamente un prolungamento della sua stessa abitazione, con locali riscaldati, cani che godono di spazi interni ed esterni provvisti di ogni tipo di comfort, insomma una famiglia allargata di cui la muta dei segugi dell'appennino è parte integrante. Roberto pratica questa caccia in modo esclusivo e dedica il tempo libero al di fuori della stagione venatoria all'addestramento e all'allevamento amatoriale dei suoi cani. L'appuntamento è almeno un'ora prima dell'alba al bar del paese da cui partiamo per risalire la valle e raggiungere i versanti più alti dei monti che si affacciano su Asiago. Pochi amici accompagnano Roberto e noi a seguirli con la telecamera per vivere una caccia tradizionale che ha il suo pieno senso in questa intimità, fra pochi cacciatori conoscitori dei luoghi e dei selvatici che li abitano. Avere rispetto delle lepri significa conservare un patrimonio che si rinnova puntualmente e che dà senso alle stagioni di caccia e di cinofilia. Insegnavano con l'esempio questi principi gli anziani cacciatori di tempi ormai lontani, anni in cui davvero una lepre in più da mettere sulla mensa di famiglie numerose poteva fare la differenza. Oggi non avrebbero neanche necessità di menzione né tanto meno di spiegazione, eppure questi aspetti per le nuove generazioni di cacciatori, non sembra siano scontati e noi siamo qui anche per questo, per ricordarli e soprattutto mostrarli con esempi e giornate di caccia che valgono più di molte buone parole.

Video: Caccia alla lepre con il segugio dell'Appennino


Roberto Costa e il giovane Lorenzo soddisfatti al termine di una bella giornata di caccia alla lepre con i segugi dell'appennino.

La muta dei cani che Roberto ha deciso di portare è composta da 4 cani, alcuni più esperti e altri giovani ma già promettenti. Il loro lavoro sembra da subito molto armonico mentre si muovono compatti dopo la sciolta e valutano le prime tracce lasciate dalle lepri durante la pastura notturna nell'ampio prato che divide due boschi di conifere in cui solitamente entrano per il ritorno al covo durante la giornata. Non sempre mi spiega Roberto. Ci sono infatti anche molte lepri che data la presenza di erbe spontanee che il bosco offre nelle sue radure, trascorrono tutto il tempo al riparo da possibili pericoli nelle zone più fitte e ombrose. I segugi sembrano infatti confermare con la loro azione che si svolge principalmente fra le abetaie le parole di Roberto. I cani alternano fasi di silenzio a momenti di richiamo e di accostamento che sembrano però non arrivare mai a confermare la vicinanza delle lepri che evidentemente sono state soltanto di passaggio durante la notte ma hanno scelto di proseguire per trovare altrove le proprie rimesse probabilmente incalzate dalla presenza dei lupi nello stesso territorio. Sono evidenti le tracce che ne confermano la presenza accanto a quella assai numerosa dei cinghiali, ma che comunque le lepri in ogni caso cercano di evitare. La giornata di caccia scorre seguendo l'azione ordinata e continua dei cani che non abbandonano mai le ricerche mostrando una grande tenacia e una passione incontenibile. Nessun angolo di bosco che possa nascondere un selvatico viene lasciato inconsiderato e l'ispezione è rapida e sicura. Dopo varie ore di ricerca è Roberto a voler concedere riposo alla muta dei cani, soddisfatto del loro impegno e del loro solito lavoro scrupoloso, sempre a contatto con il conduttore, pronti a rientrare al minimo richiamo, confermando un'azione di caccia pienamente godibile sia per lui sia per gli amici appostati che possono seguire con attenzione tutte le fasi di lavoro partecipando in modo attivo alle ricerche e alla caccia.  Le lepri oggi non si sono concesse alla vista né ai fucili, ma anche con il loro passaggio notturno ci hanno permesso di conoscere sul campo il lavoro dei segugi dell'appennino che con il loro temperamento dolce e determinato hanno giustamente incontrato l'affetto di generazioni di cacciatori lepraioli in tutta Italia. 

Origini e caratteristiche del segugio dell'Appennino

La voce del segugio dell'appennino è squillante e il suo passo veloce nelle fasi di accostamento e di seguita. Il fisico asciutto e leggero permette a questi cani di resistere a lungo in terreni di caccia anche molto impegnativi. 

Quello che oggi viene chiamato Segugio dell’Appennino è stato nei primi decenni del 1900 prima il cane di famiglia allevato soprattutto dai coloni, protagonista indiscusso delle campagne e della caccia alla lepre su tutto il territorio nazionale, dalla Calabria fino alle regioni del Nord. Usato quasi sempre a singolo o in coppia, questo segugio è stato da sempre selezionato unicamente per il lavoro, ponendo in secondo piano quelle parti della morfologia, come la colorazione del manto o delle mucose, o la lunghezza del pelo, non strettamente ad esso correlate. Nel tempo la selezione volta ad affinare le quattro fasi di lavoro imprescindibili richieste al segugio nella caccia alla lepre, ha portato anche ad una maggiore omogeneità delle caratteristiche morfologiche che inizialmente potevano variare anche da regione a regione per accoppiamenti guidati dalle sole attitudini alla caccia. Tra i vari ceppi presenti nelle diverse aree italiane si è arrivati comunque, per il profilo morfologico ad una notevole uniformità anche se dettata più dalle regole del lavoro che dal gusto estetico. Il segugio dell'appennino si connota come un cane rustico ma leggero, agile nel movimento con muscolatura ben definita, tronco appena nel rettangolo e groppa dritta o molto poco spiovente. Il manto fulvo o nero focato può essere a pelo corto oppure a pelo lungo. Questa struttura si adatta a mantenere equilibrio fisico e velocità anche in terreni impervi di montagna.

Passando alle caratteristiche comportamentali, fondamentale è l’equilibrio psichico di questa razza. La selezione, avvenuta senza l’impiego della consanguineità, come dimostrano le ricerche effettuate sul DNA di alcuni soggetti, è stata indirizzata verso quelle attitudini indispensabili nel lavoro quindi forte temperamento e venaticità; collegamento e grande affezione per il conduttore; capacità di discernimento fin da giovane età della selvaggina da cacciare, aspetto importante soprattutto oggi in montagna con la grande presenza di ungulati. Il segugio dell'Appennino caccia bene sia singolarmente che in coppia, si adatta bene alla muta quando i componenti non sono troppo numerosi. Nonostante la sua disciplina d'elezione resti la caccia alla lepre, non mancano cacciatori che impiegano con successo questi segugi anche nella caccia alla volpe o al cinghiale. Vengono apprezzate l'intelligenza e lo spiccato equilibrio nella caccia in braccata che soprattutto nella fase di abbaio a fermo significano buona distanza dal selvatico e prudenza nell'azione di caccia.