Dato che quella alla beccaccia è una forma d’attività venatoria caratterizzata soprattutto dalla dinamicità, da movimento, una caccia in sostanza dove si cammina tantissimo in ambienti sempre estremi e disagevoli, è ovvio che parlando di abbigliamento sarà utile partire dai piedi. Che devono essere coperti e protetti sempre dal meglio di quello che offre il mercato!
Per il periodo e le occasioni in cui si caccia prevalentemente in montagna e collina, in luoghi non eccessivamente bagnati quanto piuttosto duri e rocciosi, gli scarponi e le ghette paiono la soluzione migliore.
Per entrambi i capi non si vada al risparmio ma si scelga il meglio; se ne avvantaggeranno caviglie, tendini e stinchi.
Descrizione tecnica degli scarponi ideali
Lo scarpone ideale per la caccia alla beccaccia, sarà sempre uno scarpone leggero (pedula), dalla suola molto grippante, robusta e tassellata in gomma naturale (Vibram qui, è sinonimo di qualità assoluta). La tomaia potrà essere sia in pelle che mista, cordura-pelle, quel che conta è che sia sempre foderata da membrane traspiranti/idrorepellenti tipo Goretex/Sympatex o similari. Basilari i rinforzi in gomma nei punti di maggior tormento, cioè alla punta e al tacco. Idem, per quel che riguarda sistemi d’intersuole capaci di garantire efficiente effetto shock-off e confort in fase di camminata.
Occhio anche alla minuteria (occhielli, cuciture, lacci), che devono essere antiruggine e in grado di resistere ai tormenti meccanici e agli stress ambientali, tipici della caccia alla beccaccia.
Le ghette
Se ne producono di tanti tipi, ma le più efficienti dovranno sempre presentare queste caratteristiche:
- Cavi d’acciaio di fissaggio sotto il piede regolabili, con cinghie in cuoio ingrassato.
- Tessuto anti strappo e idrorepellente.
- Sistema di serraggio sotto il ginocchio, stabile e sicuro.
- Facilità di allaccio e slaccio della zip, che deve sempre essere coperta da un riporto di chiusura in velcro.
Gli stivali
Per tutte le altre situazioni, soprattutto quando ci sarà da mettere i piedi “ammollo” –e dico di fossi, fiumi, laghi e acquitrini (o per tutte quelle giornate di piogge battenti che lo richiedono) – puntare esclusivamente su stivali in gomma rigorosamente senza lacci. Si prediligano quelli (realmente favolosi) di marche francesi soprattutto, ma anche inglesi e americane. Oggi se ne producono di stupendi, interamente in caucciù, di bella foggia alla cavallerizza e dalle forme anatomiche comodissime. Tutti muniti di suole estremamente grippanti su ogni superficie (anche in Vibram!), forniti d’intersuole in elastomeri antishock, alti sino al ginocchio e foderati di tessuti tecnici che spaziano dal neoprene sino alla pelle; i migliori possono addirittura sostituire quasi in toto l’utilizzo degli scarponi, territori rocciosi a parte, ovvio.
Con questi ai piedi, calzati con le apposite peduline che ne migliorano la calzata, si macinano chilometri senza problemi; altro che i vecchi “plasticoni” del nonno!
Le calze é bene che non siano troppo pesanti, dotate di rinforzi assorbenti in punta e tallone.
I guardamacchie
Ovvio che quando piove a dirotto, oppure s’inizia a cacciare nel folto e tra rovi e spineti d’ogni sorta, imperativo diviene l’uso dei gambali. Siano sempre di tessuto traspirante ma impermeabile, resistenti ma non rumorosi. E che tutti abbiano insita nella stessa struttura del tessuto la funzione thorn-proof (a prova di spina!).
I pantaloni
I pantaloni siano sempre comodi ma non abbondanti, possibilmente in robusta pelle del diavolo o tessuti simili, per l’inverno. L’autunno invece, ci vedrà prediligere capi più leggeri, magari caratterizzati essi stessi di riporti in tessuto anti rovo sul davanti, e nei punti di maggior tormento. Inserti che potranno essere o in tessuti tecnici a base di kevlar, oppure in cotoni oleati/cerati tipo Barbour.
La teoria della cipolla
Per tutto il resto del vestiario si seguano le norme del buone senso: non ci vuol certo nulla di speciale. E questo sta tutto nella famosa “regola della cipolla”, cioè, a strati...
E saranno camice e maglie di lana, gilet e poi via una bella cacciatora in velluto a coste nelle giornate più asciutte di prim’autunno.
Quand’è umido, invece, la fa da padrona sopra l’intimo e la camicia, la giacca da bosco da mezza stagione. Un capo tecnico che più non lo si può: leggera ma protettiva, impermeabile ma traspirante, rinforzata anch’essa nei punti chiave da inserti di tessuto a prova di spine e strappi
D’inverno invece, personalmente adotto spesso anche capi tecnici in pile (magari senza giacca nelle belle giornate) e, se caccio nelle macchie intricate, preferisco sempre un comodo bomber (delle caratteristiche della giacca di cui sopra), che le giacche lunghe mi danno fastidio.
In caso di pioggia (sopportabile, altrimenti sto a casa) se caccio in pianura, dove lo sforzo è minore, vesto anche un capo in tela cerata (Barbour et similia), altrimenti mai, per via che essendo assolutamente non traspirante crea una condensa insopportabile; ossia fa molto Old England, ma camminando forte per monti e colline ci si bagna più avendoli indosso che no!
In ogni caso si rammenti che il peggio per la salute è prendere il freddo da sudati: consiglio quindi di partire patendo un po’ di fresco all’inizio (poi ci si scalda camminando) piuttosto che coprirci eccessivamente rischiando di sudare come bestie, spogliarci e beccarci un’infreddatura che può compromettere la stagione. Un ricambio in macchina, non guasta di certo.
La trisacca
Qualche che sia in ogni caso il clima o il luogo, un capo è sempre protagonista di questa caccia: la trisacca!
Comodissima, la si tiene attrezzata sempre con quel che serve, e la si indossa sopra alla varia tipologia di abbigliamento che si è scelto per la giornata. Certi così, di non aver lasciato nulla a casa o in macchina di quanto davvero indispensabile!
Le mie sono tutte a prova di spino, con parecchi inserti orange-fluo per garantirmi alta visibilità, dotate di tasche porta tutto, comode, leggere e impermeabili.
Se non ci fossero toccherebbe inventarle...
Accessori
Guantini, sciarpetta e cappello, meglio se tutti di lana, possono fare assai comodo; divengono assolutamente imperativi con freddo intenso.
Un accessorio indispensabile, specie nelle macchie più fitte, è costituito da un paio di forbici per potare la vite. Consentono di aprirci la strada in un batter d’occhi fra roveti e “jungle di vitalbe” senza essere costretti a lasciare lembi di stoffa e di pelle su arbusti acuminati, o a percuotere la selva come ossessi con randelli di fortuna usati a mo’ di machete.
Già, il machete...
Ora che ci penso, in certe occasioni può essere un ottimo ausilio, a patto che abbia caratteristiche quali quelle del “chanceinhell” della CRKT.
Un’ultima raccomandazione: l’abito non fa il monaco, ma la gente ci giudica anche per come appariamo; evitate dunque robacce mimetiche ed ex-ordinanza da “squadroni della morte”, prediligente altresì qualche capo con inserti orange che ci evidenzi nel bosco.
Per dire, due capi e un accessorio ad alta visibilità quando si va a beccacce, anche se la legge ancora in Italia non li impone, per altro verso devono essere per noi imperativo morale e tecnico. Cosa che dobbiamo pretendere oltre che da noi stessi, anche dai nostro compagni di caccia, dato che oltre che sicuro, è anche vantaggioso dal punto di vista del carniere il poter sparare sempre, in piena coscienza di quel che si sta facendo.
Provare per credere.