Oggi parleremo di un fatto che si verifica con una sempre maggiore frequenza, ovvero il diniego al rinnovo di porto d’armi per difesa, inizialmente concesso senza troppi problemi e motivato dal fatto che il richiedente si trovava a trasportare ingenti somme di contante o oggetti di valore.
Tizio, imprenditore nel settore della ristorazione, è in possesso del porto d'armi dal 1978, successivamente sempre rinnovato sino a quando, recentemente la Prefettura di Firenze gli notificava (anziché il rinnovo) il decreto di diniego al rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale.
Tizio giustificava la richiesta di porto di pistola in considerazione delle attività svolte da quest'ultimo, che lo vedono occuparsi del trasporto di contanti ed assegni in un'area isolata del Comune di XXX, territorio che sarebbe stato da sempre teatro di numerose violazioni di domicilio e furti, avvenuti anche in danno del ricorrente - e dei clienti del suo agriturismo.
Il provvedimento di diniego: rivalutazione dei requisiti
Il decreto di diniego era alquanto stringato, e sostanzialmente era motivato basandosi sul fatto che non ricorressero più i requisiti per ottenere il rinnovo della licenza, non ritenendo dimostrato il contesto locale di "pericolosità" delle zone frequentate del ricorrente, essendo gli episodi indicati risalenti nel tempo, senza però entrare nel merito di quali fossero le ragioni sopravvenute che avevano condotto ad una rivalutazione (a danno del richiedente) di quelle circostanze che in precedenza avevano, invece, giustificato la concessione del porto d'arma per difesa personale ed i conseguenti rinnovi.
Il ricorso al T.A.R. con un esito negativo
Il divieto veniva impugnato con ricorso al T.A.R. che tuttavia dava esito negativo.
Tizio impugnava il diniego avanti al Tribunale Amministrativo territorialmente competente, affidandosi a due motivi:
- la Prefettura avrebbe erroneamente ritenuto non dimostrato il contesto locale di "pericolosità" delle zone frequentate del ricorrente;
- Il provvedimento denoterebbe un difetto di motivazione, in quanto l'Amministrazione non avrebbe evidenziato quelle ragioni sopravvenute che hanno condotto ad una rivalutazione delle medesime circostanze che, nel recente passato, avevano, invece, giustificato la concessione del porto d'arma per difesa personale.
Il T.A.R. viceversa, “Contrariamente a quanto affermato riteneva non sussistere l'asserita carenza di istruttoria e il difetto di motivazione di cui alla censura proposta, così come non risulta dimostrata alcuna contraddittorietà con le precedenti valutazioni che avevano consentito il rinnovo della licenza di uso di fucile e con riferimento al presupposto del dimostrato bisogno”.
Iter motivazionale del T.A.R.: l’attualità del bisogno

Quello che emerge dal ragionamento del Collegio giudicante, peraltro non una novità: è l’onere (potremmo dire l’obbligo) del richiedente il rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale di dare prova dell’attuale necessità di ottenere il porto d’armi per ragioni di difesa personale.
L’attualità non può essere provata con esclusivo riferimento alla propria condizione lavorativa, professionale o personale, ovvero semplicemente riportando, ad ogni domanda di rinnovo, le stesse circostanze che avevano permesso di ottenere e rinnovare la licenza.
Il richiedente deve fornire due elementi indispensabili (e idonei) a dimostrare:
- l’esistenza di un bisogno effettivo dell’arma;
- l’attualità della necessità dell’arma.
Perché la licenza in questione sia concessa si devono citare episodi specifici che dimostrino un effettivo e presente pericolo per la propria incolumità fisica, non quindi quelli addietro nel tempo.
L'assoluto bisogno di portare l'arma non può desumersi automaticamente dalla particolare attività professionale svolta e nemmeno dall’operare in zone notoriamente pericolose, trattandosi piuttosto di un mero rischio potenziale, di per sé inidoneo a dimostrare una sovraesposizione al pericolo di divenire vittima di fatti delittuosi.
Non a caso il Tribunale evidenzia, come in precedenza rilevato dalla Prefettura, che gli episodi specifici che il ricorrente aveva menzionato erano relativi a situazioni ormai risalenti al passato (2015 e 2017) e concernevano un furto a danno dei clienti del proprio locale e un furto di contanti e carte di credito presso gli uffici della propria azienda, ma mai un'aggressione alla sua incolumità personale. Pertanto, non essendosi dimostrato il venire in essere di una necessità di girare armato connessa ad un pericolo attuale, concreto e personale all’incolumità, il Tribunale rigettava il ricorso, avendo ben motivato l’Amministrazione il diniego.
Considerazioni finali
La sentenza si pone nel solco della precedente n. 475/2021 del 6 aprile 2021 ribadendo il principio, condivisibile o meno, per cui l'autorità di PS può negare il rinnovo del porto d'arma per difesa personale, non solo in caso esclusivo di sopravvenuto mutamento delle circostanze fattuali o per sopravvenute ragioni ostative, ma anche sulla base di una semplice rivalutazione delle circostanze addotte originariamente a fondamento della necessità dell'arma a difesa personale.
In parole più semplici il principio è il seguente: se un tale potere di rivalutazione (in assenza di fatti nuovi) non fosse consentito in via di principio, la pregressa titolarità dell’autorizzazione a portare l’arma si trasformerebbe automaticamente in una sorta di diritto consolidato, mentre la licenza di cui trattasi ha carattere eccezionale, come da sempre sostenuto dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato n. 4087/2020, Consiglio di Stato n. 3208/2020, Consiglio di Stato n. 6747/2019, Consiglio di Stato n.6139/2019, Consiglio di Stato n. 441/2021 e Consiglio di Stato n. 10177/2022).
Ma forse sarebbe stato più semplice dire che pur non essendo mutata la situazione soggettiva era mutata quella oggettiva o ambientale, anziché far riferimento ad un “potere di rivalutazione”, ottenendo lo stesso risultato.
Riferimenti normativi: art. 42 del R.D. n. 773 del 1931, Tar Toscana, sez. IV, sentenza 10 febbraio 2025, n. 235.
Note sull’autore
Curatore della rubrica giuridica di All4Shooters è l’Avv. Gabriele Traina del Foro di Treviso con studio in Conegliano (TV) ove unitamente all’Avv. Alessandro Pierobon svolgono la loro attività professionale. Da sempre contiguo al mondo delle armi proprie non da sparo ed improprie, ha potuto appassionarsi ulteriormente della materia abbracciando anche quei settori prima non coltivati. Vi è una convinzione derivante dall’esperienza, ovvero che nel settore di cui si tratta, si sia padroni esclusivamente della prevenzione ma non del rimedio, dovendo in quest’ultimo caso misurarsi con differenti organi che a volte non decidono all’unisono. Per questo motivo la rubrica tratterà, oltre che dei casi concreti di maggior interesse di cui si è occupata la giurisprudenza, e quindi dopo l’intervento dell’Autorità, anche di come quei casi, magari con un intervento preventivo avrebbero potuto avere un epilogo diverso.