Bossoli e parti di munizioni da guerra: che cosa dice la legge e la giurisprudenza

Cartucce militari di produzione G.F.L. in calibro 9 Parabellum, riconoscibili per il punzone a forma di croce cerchiata sul fondello del bossolo, adottato dalla NATO.

Spesso, in tempi non molto remoti, capitava che finito il servizio militare ci fosse l’abitudine di portarsi un souvenir della “naja”, quale ad esempio uno o più bossoli esplosi durante le esercitazioni. Ma cosa accade se tali souvenir vengono rinvenuti in casa dalle Forze dell’Ordine? E soprattutto rileva il modo in cui sono detenuti?

Vediamo la posizione della giurisprudenza di legittimità, anticipando l’esistenza di due opposti orientamenti in seno alla stessa Corte di cassazione, anticipando che la Corte d’Appello di Lecce, quale giudice di merito, aderisce all’orientamento più garantista.

Secondo una pronuncia abbastanza recente della Suprema Corte (Cass., sez. 1,18.2.2020, n. 11197, M.A.)., che ha rimeditato la giurisprudenza contrastante sulla questione, optando per l'orientamento minoritario (diremo anche più garantista perché maggiormente aderente al principio di offensività) la detenzione di un bossolo esploso relativo a munizioni da guerra integra il reato di cui all'art. 2, L. 2 ottobre 1967, n. 895, a condizione che il giudice ne verifichi la concreta idoneità a porre in pericolo il bene giuridico tutelato dell'ordine pubblico e della pubblica incolumità in relazione alla possibilità di una sua agevole riutilizzazione nel corpo di una nuova munizione.

In sintesi, se il bossolo non potesse essere agevolmente riutilizzato non ci sarebbe il reato, ma chiaramente ciò comporta un giudizio da parte del giudice, e naturalmente il giudizio dovrà fondarsi su del materiale probatorio anche attraverso accertamenti tecnici sui bossoli esplosi.

Concetto di munizioni da guerra

Nella parte motiva della già menzionata sentenza, si legge, tra l'altro che: "l'art. 2, L. 2 ottobre 1967, n. 895 punisce "chiunque illegalmente detiene a qualsiasi titolo" le "munizioni da guerra"; nozione, questa, nella quale rientrano, ai sensi dell'art. 1, L. 18.04.1975, n. 110, "le cartucce e i relativi bossoli, i proiettili o parti di essi destinati al caricamento delle armi da guerra".

Dunque, la norma incriminatrice sanziona la detenzione delle cartucce (o munizioni) e dei loro singoli componenti (costituiti dal proiettile, dalla carica di lancio, a sua volta composta da polvere da sparo e da innesco, e, infine, dal bossolo, che rappresenta un involucro destinato a contenere la carica di lancio e tenere saldo il proiettile) quando essi siano, appunto, "destinati al caricamento delle armi da guerra".

Un cenno all’altro orientamento maggioritario, ma precedente

Cartucce militari di fabbricazione FN in calibro 5.56x45 caricamento NATO, con palla SS109 da 62 grani con penetratore in acciaio.

Le condotte di detenzione degli involucri metallici (bossoli) di cartucce già esplose, originariamente destinate a un'arma da guerra, secondo un risalente indirizzo interpretativo, integrerebbe il già citato delitto, non reputandosi necessario, a tal fine, che le parti di munizioni siano idonee all' impiego e considerandosi, dunque, sufficiente la loro originaria e normale destinazione (così Sez. 1, n. 15086 del 19/6/2018, dep. 2019, D., Rv. 276389; Sez. 1, n. 22655 del 21/2/2008, M., Rv. 240402; Sez. 1, n. 24267 del 6/5/2004, R., Rv. 228902).

Quindi sarebbe sufficiente l’origine del bossolo per far scattare il reato di cui all’art. 2 L. 895/67.

Come si arriva alla sentenza n. 11197 del 2020 fatta propria dalla corte d’appello di Lecce

I precedenti giurisprudenziali e la circolare del Ministero dell’Interno n. 559/1999: in base alla formulazione dell’art. 1, ultimo comma, della L. n. 110 del 1975, in virtù del quale sono considerate munizioni da guerra anche le parti delle cartucce, purché siano destinate al caricamento delle suddette armi e, dunque, purché siano riutilizzabili (Sez. 1, n. 8184 dei 28/4/1986, V., Rv. 173560), dovendo, peraltro, la possibilità del reimpiego essere accertata in concreto (Sez. 1, n. 5306 del 2/4/1998, S., Rv. 210573), anche mediante perizia, verificando la eventuale sostituzione delle capsule di accensione (Sez. 1, n. 6279 del 22/3/1990, C., Rv. 184201).

La circolare n. 559 del 22 marzo 1999 del Ministero dell’interno, secondo cui i bossoli risultanti dallo sparo di munizioni per arma da guerra portatile individuale non possono essere considerati parti di munizioni per armi da guerra, mancando il requisito della destinazione, espressamente previsto dalla norma, giacché una cartuccia allestita, ricaricando un bossolo di provenienza militare, non è destinabile al caricamento di armi da guerra.

Gli indici sintomatici del possibile riuso che possono portare il giudice a ritenere consumato il reato

Un caricatore di AR-15 riempito con cartucce di surplus militare, correntemente in vendita in molto paesi. 
  1. L’effettivo possibile riuso. L’astratta possibilità di riutilizzo del bossolo esploso non costituisce, per ciò solo, una situazione di fatto idonea a configurare un pericolo concreto per l'ordine pubblico e per la pubblica incolumità - costituente la ratio della disciplina vigente in tema di detenzione e porto illegale di armi - legato al possibile riuso del medesimo, apparendo necessario verificare la effettiva possibilità di una agevole riutilizzazione di esso nel corpo di una nuova munizione.
  2. Le modalità di conservazione dei bossoli. Né appare privo di significato, ai fini di una valutazione della concretezza di tale pericolo, il peculiare contesto nel quale la detenzione dei bossoli si inserisce e la possibilità di inferirne, da tale aspetto, la probabile riutilizzazione; essendo all'evidenza ben diverso il caso di chi detenga, occultati e dunque in maniera clandestina, numerosi bossoli esplosi, unitamente ad armi, a munizioni e polvere da sparo, da chi invece detenga, accessibili alla vista, pochi bossoli riconducibili a una specifica e ben riconoscibile situazione (ad es. souvenir del servizio militare et similia).
  3. “Ragionamento irragionevole”. Né potrebbe opinarsi che la menzionata circolare 2 marzo 1999 sia priva di rilevanza in ragione della sua natura giuridica (non  ha forza di legge ma è un atto meramente interpretativo), tuttavia la stessa si basa su di un l'elemento di intrinseca ragionevolezza secondo cui dal mero fatto dell'esistenza dei bossolo esploso non può trarsi alcuna indicazione circa la sua destinazione e per l'ovvia considerazione che, al fine della sua individuazione, non può certo farsi riferimento all'originaria destinazione, non attenendo alla concreta dimensione offensiva della condotta la considerazione di una funzione dell'oggetto che sia, in ipotesi, ormai mutata. E si aggiunga, costituisce, in effetti, soltanto una parte, di per sé inerte, dell'originario munizionamento da guerra.

In conclusione, abolito il servizio militare, sarà difficile detenere dei bossoli di munizioni di armi da guerra, sicché una volta rinvenuto il bossolo ci sarà pure il problema di fornirne la provenienza, perché mentre prima chi aveva svolto il servizio di leva lo poteva agevolmente dimostrare e quindi con la giustificazione del souvenir riusciva a scagionarsi. Ora non essendo più obbligatoria la leva militare, sicuramente non ci saranno giustificazioni che tengano su come si sia entrati in possesso, almeno in prima battuta, a giustificare la detenzione dell’oggetto, con la conseguenza che il giudice dovrà verificare il possibile riuso.

Riferimenti normativi:

Legge:

art. 2 L. 02.10.1967 n. 895

art. 1. L. 18.04.1975 n. 110

Circolare n. 559 del 22 marzo 1999 del Ministero dell’interno

Sentenza della Corte d'Appello Lecce, Sez. Unica, Sent., 23/07/2024, n. 1085

Note sull’autore

Curatore della rubrica giuridica di All4Shooters è l’Avv. Gabriele Traina del Foro di Treviso con studio in Conegliano (TV) ove unitamente all’Avv. Alessandro Pierobon svolgono la loro attività professionale. Da sempre contiguo al mondo delle armi proprie non da sparo ed improprie, ha potuto appassionarsi ulteriormente della materia abbracciando anche quei settori prima non coltivati. Vi è una convinzione derivante dall’esperienza, ovvero che nel settore di cui si tratta, si sia padroni esclusivamente della prevenzione ma non del rimedio, dovendo in quest’ultimo caso misurarsi con differenti organi che a volte non decidono all’unisono. Per questo motivo la rubrica tratterà, oltre che dei casi concreti di maggior interesse di cui si è occupata la giurisprudenza, e quindi dopo l’intervento dell’Autorità, anche di come quei casi, magari con un intervento preventivo avrebbero potuto avere un epilogo diverso.