Vestivamo alla cacciatora

Se c’è un campo che più di altri nel mondo della caccia ha saputo essere oggetto d’innovazione, questo è per certo quello che riguarda l’abbigliamento. Dalla testa, ai piedi! E per una serie di ragioni che è importante conoscere per capire in che direzione stia andando la caccia nel suo insieme.
Or bene, per chi abbia meno di 40 anni è sufficiente sfogliare qualche vecchia rivista di caccia per capire quel che sto per dire. Ossia, che agli albori della caccia sportiva (dagli anni ’50 in qua), l’abbigliamento tecnico da caccia, praticamente… non esisteva!
Pare incredibile, vero? Eppure, è così…
Si usava, infatti, per lo più quel che capitava. Vecchi abiti dismessi, meglio se scelti fra i più robusti. Per i non pochi che avevano fatto il militare, era obbligatorio riciclare capi ex ordinanza. Gettonatissimi anche i jeans (quando arrivarono, e specie per le cacce estive), specie se vecchi e rattoppati. Calzature poi che per il 90% del popolo delle foreste, o erano vecchie “robe” in cuoio ingrassato raramente ricoperte da improvvisate ghette, o anche qui vai di anfibi del militare, seguiti poi da stivalacci in gomma (da quando furono reperibili) un po’ per tutte le stagioni in caso d’umido o bagnato. E… chiusa lì.

Certo, qui e là – specie per i più abbienti, di solito frequentatori di riserve – qualche capo già in velluto e fustagno ispirato dalla tradizione per lo più tosco-maremmana cominciava a fare capolino; idem, sempre nel mondo dei riservisti, qualche giacca dal sapore british la si incominciava a intravedere; come per i più seri e severi cacciatori alpini, fra i quali erano di prammatica capi già in loden di foggia austro-germanica…
Ma parliamo di eccezioni e rarità, in un universo dove “outfit”, era sinonimo di… alla meno peggio! Perché…?
Le ragioni erano molteplici. Prima di tutto, la selvaggina era tanta, la stagione lunghissima, e non era necessario massacrarsi in sessioni da “forzati fra le jungle” per far carniere e divertirsi. Quindi, andava benissimo anche quel che c’era, così come capitava. In seconda battuta, nonostante le leggende “metropolitane” che oggi definiscono “boomers” quelli nati negli anni ’60, ‘sto tanto decantato boom economico che avrebbe poi investito fra alti e bassi i ’70 e pur gli ’80, era caratterizzato a livello pressoché ecumenico da una parola d’ordine e solo quella: risparmio!
Anzi, risparmio e riutilizzo di ogni cosa della vita.
No, non per tirchieria, quanto piuttosto perché l’estrazione sociale pressoché di tutti – anche se quattro lire cominciavano a vedersi - era in ogni caso popolare, e questo – soprattutto sulle prime – voleva dire tanto, forse tutto.
Poi, pian piano, ecco qualcosa iniziò a cambiare…

Nel giro di pochi anni, i cacciatori divennero quasi 2 milioni (sì, avete letto bene, 2.000.000!) iniziando a costituire – almeno teoricamente - un vero e proprio mercato di riferimento.
E così fu che si trovarono a nascere anche le prime linee di “confezioni” appositamente concepite per la caccia.
Da un lato, perché qualcuno avendo subodorato il potenziale affare (ancora non si chiamavano “business”) si era messo a produrre capi specificatamente dedicati alla caccia; dall’altro, perché via via che miglioravano le condizioni sociali di tutto il “popolo delle doppiette” (nel frattempo diventato quello anche degli “automatici” e dei sovrapposti), altrettanto crescevano esigenze ed aspettative per vivere al meglio anche le proprie passioni, a partire dalla caccia e da quel che ci si metteva addosso per goderla come Iddio e passione comandavano…
In principio…

Fu così che attorno alla metà degli anni ’60 iniziarono a vedersi gilet assieme a pantaloni di varie fogge e pesantezze, e poi via via giacche e giacconi di ogni genere, tutti specificatamente concepiti per la caccia di allora, attorno a quello che consentivano le disponibilità in termini di tessuti e capacità di confezione.
Parliamo in linea di massima di tagli semplici ed essenziali, con predominanza di cotone per l’estate e primo autunno (a partire dalle camicie), per poi passare a panno, velluto e robustissimo fustagno nell’inoltrarsi della stagione.
Un colore e solo quello a farla da padrone: il verde, nelle sue tonalità, come tradizione comandava, con poche digressioni sul marrone.
Andò “quasi” bene, e piccoli produttori sorsero qui e là, in una dimensione tuttavia sempre incapace di discostarsi dall’artigianato e la piccola impresa familiare, con la sola Belfe – la prima azienda in assoluto a specializzarsi negli sport outdoor (vestì nel ’54 la spedizione italiana che conquistò il K2) – a proporre una linea completa che non sarebbe azzardo definire d’alta gamma, sia per il taglio dei prodotti, che per l’assoluta, estrema eleganza dei medesimi, tanto da divenire in breve paradigma.

Piccolo problema. Anzi, più di uno: Belfe per svariate ragioni, dovette chiudere i battenti; i piccoli produttori, vista come sia una domanda che non divenne mai (per anni e anni) concreta e sostenuta, si ritrovarono a dover vendere esclusivamente nei negozi “caccia e pesca” e soprattutto nei mercati, con una corsa al ribasso specie dei prezzi, ma pure nella qualità. Il tutto a creare un panorama di “offerta”, addirittura molto, molto più basso di quella che poteva ormai essere la domanda.
Quando a cambiare ogni cosa, intervennero due fattori: 1) l’attacco trasversale di certa politica contro la caccia, che per influenzare l’opinione pubblica contro il mondo venatorio fece uso massiccio di media compiacenti; 2) la relativa necessità quindi, di riqualificare in toto l’immagine del cacciatore agli occhi della società civile, a partire (anche) dal modo di apparire in pubblico (e fra le foreste).
E fu lì che attorno all’abbigliamento specifico da caccia, prese a nascere una vera e propria ricerca di forme e contenuti…
Arriva Beretta Sport

Poteva un marchio come Beretta restare alla finestra? E infatti, non solo non lo fece, ma entrò in campo da protagonista, come sempre.
L’intuizione – geniale – fu del dott. Franco, che fresco del suo ingresso in azienda puntò proprio sulla creazione di una divisione abbigliamento per espandere lo storico, leggendario business di famiglia. A sostenere la sua visione, la formazione internazionale che da sempre ha caratterizzato non solo il brand, come sia italianissimo, ma tutti i Beretta da generazioni.
Cosa fare dunque per riqualificare il cacciatore italiano (e non solo) e rendere sempre più completa l’offerta dell’azienda gardonese? Or bene, da decenni in UK un marchio come Barbour non solo era “fornitore ufficiale della Real Casa”, ma contribuiva a vestire i country gentlemen connotando di classe e stile inconfondibile i cacciatori albionici; altrettanto e non di meno, negli States, brand come Filson davano quel tocco in più di eleganza e levatura tecnica agli “american hunters”.

“Beretta Sport” nacque proprio con quell’idea, ma aggiungendo quello che era diventato negli ’80 e poi ’90 l’Esperanto nel campo della moda sulla scia dei vari Armani, Ferrè, Versace e Valentino via via sino a Prada, Missoni e tanti altri: l’italiano!
E fu così che dopo aver convocato un team creativo di prim’ordine sotto la guida di Tino Girombelli (già creatore del brand Reporter), finalmente negli scaffali di tutte le migliori armerie del mondo, comparvero i tanti capi della collezione Beretta.
Poco da dire, fu qualcosa di rivoluzionario. C’erano in Beretta Sport e sin dal principio tutti gli elementi che a livello planetario parlavano il linguaggio della caccia, ma con qualcosa in più: l’italianità!
Ovvero, da un lato il gusto stesso di tante cose tradizionali dell’universo country local (penso alla giacca maremmana, fra le tante), di lì in poi proposte e diffuse a livello planetario; e dall’altro quella capacità di coniugare come nessun’altro modi e stili differenti sotto l’egida una sartorialità immediatamente identificabile come… italiana!
Et voilà, che col passaggio successivo della produzione tutta in tre linee base, seguita da un’estensione di gamma verso i mondi del tiro a volo e dell’out door in genere (sino alla creazione di calzature ad hoc e decine e decine di accessori), prima fu necessario attrezzare nelle migliori armerie del mondo shop in shop Beretta, veri e propri corner monomarca; per poi arrivare al passo successivo delle Beretta Gallery, negozi monomandatari tutti strategicamente piazzati nelle vie più chic delle principali capitali planetarie.
Il resto è storia, anzi leggenda: quella di un’azienda che il prossimo anno festeggerà 500 (lo scrivo anche per esteso, cinquecento) anni di attività con un business sempre in crescita grazie alla spasmodica attenzione alle esigenze del mercato. Con reparti R&D in grado non solo di rispondere ad ogni bisogno dell’utenza, ma di crearli spesso quei bisogni attraverso la concezione di prodotti funzionali e innovativi in grado di caratterizzarsi quali must have, frutto d’una attitudine sempre tesa a svelare nuovi orizzonti, e infatti…
La nuova collezione Beretta
Dalla creazione di Beretta Sport, sono successe tante cose, e soprattutto è cambiata la caccia e sono cambiati i cacciatori.


Dei 2 milioni, oggi sono rimasti in poco più d’un quarto. Tutti o quasi – non di meno - motivatissimi. Per capirci, parliamo di gente che non concepisce più la caccia come un hobby o il divertimento estemporaneo “della domenica”, ma come una sorta di “modo di stare al mondo” – di più, come una vera e propria filosofia di vita - sotto l’egida di due categorie e solo quelle: passione e competenza tecnica.
Una passione che li porta a caccia ogni volta che è possibile e sotto tutti i cieli (e relativi climi) del mondo. In sessioni non di rado ai limiti del massacrante, capaci di spostare l’asticella della varie performance a livelli dello sportivo, e anche oltre.
Si pensi a due dimensioni, giusto per capire. Da una parte quella del cinofilo-beccacciaio: fuori minimo tre volte la settima (col fucile) a caccia coi suoi cani, spesso da buio a buio. E non di rado pure all’estero, volendo e potendo farlo. Come sia, si parla di “tizi” da 15/20 chilometri al giorno fra “cime, boschi e paludi”. E prima e dopo, ci sono anche le uscite coi cani senza sparo. Ogni volta che si può. Per allenare, e per il gusto di stare assieme ai propri compagni d’avventure in mezzo alla natura.

Il segugista poi, specie se cinghialaio, ne è diretto contraltare: anche lui con la sua squadra fuori ogni volta che si può, fra botri ghiacciati e pieni di spine, e via fino a notte fonda per recuperare i cani che hanno “bucato” le poste.
Accanto e attorno a queste figure, il selecontrollore o l’appassionato d’acquatici, il migratorista e tutti quei moderni cacciatori che vivono la caccia come una scelta consapevole e totalizzante.
Ragazzi di ogni età. E soprattutto sempre più ragazze: tutte “accanitissime”, entusiaste, piene di passione e consapevolezza con le loro sacrosante esigenze di poter vivere al meglio le loro giornate in mezzo alla natura selvaggia.
Pieni tutti di un vero e proprio “hunter pride”, da portare anche nella società civile come testimonianza.
È stato dall’attenta analisi di tutto ciò che si è venuta a sviluppare la nuovissima linea ultratecnica dell’abbigliamento Beretta.
Proprio per rispondere a tutti quei cacciatori di oggi e di domani (dal Circolo Polare Artico alle savane, dalle vette alpine ai boschi di collina via via sino ai Balcani), che sempre più inquadrano il loro essere cacciatori in un piano cartesiano dove ascissa ed ordinata sono sportività portata all’estremo, così come competenza tecnico scientifica di quello che si sta andando a fare “into the wild”.
Il loro outfit, ne è logica conseguenza.
I capi della collezione

Come l’Ultralight non ha scalzato il Silver Pigeon, come l’Outlander ha semplicemente affiancato l’Imperiale Montecarlo, così è successo per l’abbigliamento. Infatti, le linee e i capi spalla iconici che hanno reso celebre l’abbigliamento Beretta in tutto il mondo, dopo un’attenta selezione, sono rimasti in catalogo; solo che a questi s’è aggiunto… il nuovo!
O meglio, un nuovo universo.
Lo caratterizzano tre elementi in maniera inequivocabile: 1) la diretta derivazione dagli universi degli sport estremi, specie di montagna. Anche se il tutto riadatto e concepito ai fini della caccia (dai capi spalla alle calzature sino agli accessori); 2) materiali hi tech di primissima qualità, sposati a tagli e confezione atti a garantire il massimo del comfort nella performance in ogni ambiente e latitudine; 3) nuovi colori, fra i quali spicca ormai onnipresente (dove serve) l’opzione orange fluo ad alta visibilità, basilare per la sicurezza (oltre che obbligatoria in tutti i Paesi civili!).
Il tutto, a dare vita a una specie di magia dove è facilissimo perdersi mentre si sfoglia il catalogo on line quasi fosse una specie di “libro dei sogni e dei desideri”.
La filosofia di base, è subito chiara: e parla di protezione a strati, dall’intimo sino ai vari capi medi per finire ai “gusci” esterni, ossia a quei veri e propri “capi-scudo” in grado di proteggere da rovi e vento, freddo e pioggia, mentre ci vestono in maniera impeccabile regalandoci possibilità di perfetto alloggio per tutti quei device che oggi più che mai sono bagaglio tecnico-esistenziale di ogni cacciatore evoluto: dagli smartphone ai palmari per i sistemi GPS di tracciamento cani, sino alle… chiavi elettroniche dell’auto!
Nulla è lasciato al caso, tutto è pensato in funzione esperienziale, al fine di rendere evento “solo bello” ogni nostra sessione full immersion nella natura selvaggia.

La mano-mente che sta dietro a tutto questo, è subito chiara, e ci parla di enormi competenze derivate dall’intero universo outdoor; e infatti, i capi della collezione sono talmente belli (oltre che tecnici e funzionali) da poter essere utilizzati non solo per la caccia, ma per ogni attività nella natura a qualsiasi tasso specifico d’azione: dalla raccolta di funghi, asparagi ed erbe spontanee, sino al trekking, l’hiking e al nordic walking. Senza limiti alcuni che non siano quelli dettati dalla nostra voglia di natura e libertà sulla scia delle stagioni.
Sì, ok, forse stiamo divagando e dovremmo tornare “in topic” con la caccia e farlo bene, ma… per questa volta è finito il nostro spazio.
Due consigli, quindi, prima di salutarci:
1) guardate con attenzione tutte le foto allegate a questo pezzo e studiate ogni cosa alla perfezione;
2) aspettate i nostri prossimi interventi, dove vi daremo veri e propri pareri tecnici e consigli, dato che proprio la linea di abbigliamento tecnico beretta, è stata la nostra scelta per accompagnare tutte le attività di all4hunters di qui in avanti (e viceversa!). E fatemelo dire, se qualche cosa va bene a noi (e a Beretta!), allora…
Per ulteriori informazioni e per acquisti online visitate l'Estore di Beretta.
