A tu per tu con Giovanni Pellielo, il signore del Trap

Nella sua carriera, ancora in piena corsa ha partecipato a sette olimpiadi. A quelle di Rio de Janeiro 2016 è stato l'atleta più anziano, con i suoi 46 anni, ma la sua carriera è tutt'altro che in declino e Johnny ha ancora tanto da fare e... da dire.


Dove vivi e quale è il tuo lavoro?

Vivo a Vercelli e sono un dipendente amministrativo.


Puoi raccontarci il tuo palmares?

Quattro medaglie olimpiche, Quattro titoli mondiali, sette coppe del mondo, dieci titoli italiani e quattro europei nella specialiità Trap.


Quanti anni avevi quando hai preso in mano il tuo primo fucile?

Ne avevo 18. Ero con mia mamma, in un tiro a volo di Fossa Universale. C’era una gara di Pasqua. Ho provato a partecipare… non ho rotto un solo piattello, ma mi sono divertito molto. Non ho iniziato da piccolissimo, prima ho fatto un altro sport: ballavo a livello agonistico. Purtroppo le due cose erano inconciliabili ed ho dovuto sospendere il ballo.

Johnny Pellielo al tiro
Johnny Pellielo in pedana con il suo sovrapposto Beretta DT11 (foto di ISSF/V2M)

D: Cosa ti piace di più del tiro a volo? Come è nata questa passione?

Mi affascina molto perché è uno sport estremamente difficile. Proprio la difficoltà e questa continua sfida contro me stesso hanno fatto crescere in me questa passione.


D: Quale è il tuo fucile da gara? Quali sono le doti tecniche principali di tale arma?

Beretta DT11. È un fucile performante per il tiro, un’arma estremamente indicata per la mia disciplina. Ci sono delle caratteristiche tecniche che io ho ulteriormente perfezionato, rendendolo ancora più specifico per la mia disciplina.


D: Che tipo di munizioni utilizzi?

Rigorosamente Fiocchi: Golden. Anche queste sono quelle che ritengo più adatte alla mia specialità e alle mie caratteristiche di tiro.

D: Quale è il campo dove ti alleni e quello che apprezzi maggiormente quando viaggi nelle gare internazionali?

Io mi alleno al Tiro a Volo San Giovanni di Vercelli. Il campo italiano che mi piace di più in Italia è Lonato, mentre a livello internazionale mi piacciono molto Monaco e Belgrado. Sono entrambi campi molto belli, sembrano quasi dei videogames per la perfezione che presentano.


D: Il momento più bello della tua vita da tiratore?

Riesco a ricordare tantissimi bei momenti nella mia lunga carriera, non ne ho uno che  ricordo in particolare o che reputo superiore rispetto agli altri.


D: Progetti per il futuro? Anche se, al termine della finale olimpica, abbiamo letto il labiale: “Ci vediamo alla prossima!”…

Per carità… io ci proverò di sicuro, poi si vedrà. Come ho dichiarato già precedentemente, spesso si dice “largo ai giovani”… ma sono sicuro che non vada interpretato come un “non largo ai vecchi”!!!

Pellielo con Luciano Rossi e Albano Pera
Johnny Pellielo tra Luciano Rossi (a sinistra), Presidente FITAV e il Commissario Tecnico Albano Pera (foto di C. Manstretta)

Sicuramente questa frase va considerata come un messaggio di speranza rivolto ai giovani, come incoraggiamento; ma è anche evidente che entrambi i gruppi (giovani/vecchi) devono avere lo stesso valore. Non capisco perché continuino a dire “largo ai giovani” come se le persone anziane dal punto di vista sportivo, debbano valere di meno.

Fino a prova contraria, sulle persone anziane si può fare maggior affidamento. Proprio su queste si è fondata la storia della nostra Federazione, del nostro sport. Gli atleti che hanno vinto prima di noi non avevano 18 anni. È uno sport che si basa sull’esperienza, sulla maturità e sull’equilibrio. I grandissimi campioni del passato non avevano 15 anni. E anche adesso, a parte rare eccezioni, le vittorie vanno a tiratori con grande esperienza, equilibrio e maturità agonistico/sportiva.

Faccio piuttosto una considerazione generale: “largo ai giovani, se i giovani si fanno largo”. Io dai 43 ai 46 anni ho fatto il miglior quadriennio della mia carriera sportiva, con tre podi individuali mondiali consecutivi e quello olimpico.

Pellielo, Campriani, Cagnotto
Johnny Pellielo insieme al campione Niccolò Campriani, Tania Cagnotto e alle altre medaglie italiane al ritorno dalle olimpiadi di Rio 2016 (foto di C. Manstretta)

Di cosa parliamo? Nel momento in cui ci saranno dei giovani che avranno la capacità di fare meglio, io sarò la persona più felice del mondo nel lasciare loro il mio posto.

I giovani oggi ci sono e sono molto forti. Quando dimostreranno di essere più forti e maturi degli attuali, come è sempre stato, prenderanno il nostro posto. È successo a me come a quelli prima di me. È una legge della natura, come dello sport. Il nostro è uno sport in cui bisogna far parlare il fucile. Se me lo meriterò, andrò a Tokyo… come è stato per Rio, per Sidney, Atene, Pechino ecc. Altrimenti sarò contento di rimanere a casa perché non me lo sarò meritato.

Pellielo e Pietro Beretta
Johnny con Pietro Gussalli Beretta. Pellielo spara con un fucile Beretta DT11

D: Tu sei un uomo di fede, quanto è importante la religione per te e come ti ha aiutato in questi anni?

Tantissimo perché chiaramente fa parte della mia vita; non è per me un’espressione esterna, ma un vero e proprio modo di vivere.

 

D: Cosa diresti a chi è contrario all’uso delle armi ed al nostro sport?

Il nostro è uno sport fatto di persone “per bene”, che sono tutte catalogate, che la giustizia conosce… perché abbiamo tutte il porto d’armi. Al contrario, in altre discipline non si sa chi partecipa, perché non esiste un documento della pubblica sicurezza, di un pubblico ufficiale… Noi siamo super controllati: il porto d’armi è un titolo che garantisce la sicurezza di questo sport e di chi lo pratica.


D: Dopo le Olimpiadi c'è chi ha scritto un articolo in cui sosteneva che l'Italia avrebbe dovuto “far tacere” le armi, cioè ritirare dai giochi i tiratori, in rispetto alle vittime del terrorismo: tu da tiratore come risponderesti?

Cosa posso rispondere? È veramente una follia… è come se una persona viene uccisa perché un pazzo lo colpisce con una mazza da baseball e volessero chiudere questo sport. Ma siamo matti?!? Io credo che il rispetto per le vittime si porti in un altro modo: non credo si possa fare cancellando uno sport, casomai… cancellando la guerra.

Pellielo e Albano Pera
Johnny Pellielo con il il Commissario Tecnico Albano Pera (foto di ISSF/V2M)

D: Cosa pensi delle nuove regole ISSF per il prossimo quadriennio olimpico?

Le nuove finali (50 piattelli ad un colpo per la Fossa) mi sembrano molto buone. Attualmente il regolamento non premia quello che effettivamente è il tiratore che rompe più bersagli, perché contano soltanto i 15 piattelli della semifinale. Rispetto ad una gara che dura due giorni, secondo me è decisamente limitante. Non mette in evidenza la qualità assoluta dei migliori: come ad esempio Diamond che ha fatto 125/125 a Londra… poi è arrivato soltanto quarto.

Con i 50 piattelli andrebbe decisamente meglio; inoltre il risultato della qualificazione tornerebbe utile nel caso di parità.

Mi auguro che il nostro sport applichi sempre delle regole che siano “sportive” e che non vadano a ledere la dignità dell’uomo, ma ad esaltarne la qualità.

 

D: A chi vorresti dedicare questa tua ultima medaglia olimpica?

A tutte le persone che mi hanno sostenuto fino ad oggi: alle mie aziende (Beretta e Fiocchi), alle Fiamme Azzurre, al mio Commissario Tecnico Albano Pera (che mi è sempre stato molto vicino), alla Federazione, al nostro Presidente Luciano Rossi.