Il coltello romano di Nino Nista

Coltello romano Nino Nista
Il coltello impugnato rivela le sue generose proporzioni

Da sempre avversato dalle istituzioni che hanno cercato di impedirne il porto, spesso finalizzato all’uso violento, il coltello è stato al tempo del Papa Re, l’arma del popolo. Non ci sono state leggi o pene per quanto severe (all’epoca con la giustizia non si scherzava) che abbiano limitato l’abitudine del popolo romano di portare in tasca un ferro tagliente con cui redimere velocemente “questioni” facendosi giustizia senza ricorrere all’avvocato. Salvo poi dover ricorrere alle cure del boia, all’epoca Giovanni Battista Bugatti detto Mastro Titta.

 

Per dare un’idea dei fatti, può bastare ricordare che solo durante le feste o ricorrenze religiose, si contavano regolarmente una decina di morti per rione, deceduti in seguito a ferite da coltello. Le liti scaturivano per ragioni futili, complice l’abuso di alcol che infervorava gli animi. Bastava uno sguardo, un complimento di troppo a una donna, un errore al gioco della morra o addirittura una stretta di mano fatta con la mano “moscia” per sfoderare il coltello. Inevitabilmente, viste le dimensioni dei coltelli utilizzati uno dei contendenti, se non entrambi, rimanevano a terra. Dopo il decesso, che avveniva seduta stante o in seguito all’ospedale, i cadaveri erano portati in chiesa e deposti in un locale appositamente dedicato chiamato “sfreddo”. Sembra che i ragazzini, con macabro interesse, chiedevano con insistenza ai genitori di essere accompagnati a “vede’ li morti ammazzati”. Oggi lo sfreddo è stato sostituito dalla televisione.  

Coltello romano Nino Nista
Il sistema di blocco. I tre scrocchi ricavati sul tallone della lama

Giuseppe Gioacchino Belli, poeta romano (1791 – 1863), nei suoi versi descrive tra gli altri lati quello violento del popolo di Roma e la considerazione, quasi amore, che questo aveva nei confronti del coltello. In un sonetto del Belli il padre consiglia al figlio “bono assai è l’abbozzà, mejo er cortello” mentre nel verso di un altro sonetto, per massima incoerenza, un popolano afferma che per essere un buon cristiano si deve portare sempre in tasca il coltello arrotato e il rosario.

 

Qualsiasi cosa tagliasse o bucasse poteva andare bene ma come era fatto lo strumento di “lavoro” del bullo romano? Il coltello che andava per la maggiore era quello detto a scrocco. La forma è del coltello catalano a molla fissa. Le lunghezze potevano variare in apertura da 20 a oltre 45 cm. Il coltello romano a serramanico si avvale di un blocco attuato tramite una codettina, ricavata sul tallone della lama, avente dei risalti sagomati a cuspide, di altezza opportunamente regolata, che a lama in apertura, si adattano in una finestra ricavata nella molla fissa, posta sul dorso del manico. I risalti detti scrocchi possono essere in numero da uno a cinque, solitamente tre. Il manico era generalmente in semplice corno di bufalo ma alcuni modelli erano impreziositi da rimessi in argento o ottone. Alcune lame recavano incisioni floreali, motti o il nome della persona amata.

Le lame dalla forma allungata a un solo filo e punta acuminata sono ideali per colpi di punta ma all’occasione possono essere impiegate anche per i fendenti. La lunghezza e altezza delle lame, che nel primo terzo poteva superare i 20 mm, provocava delle ferite micidiali dalle quali difficilmente si sopravviveva. 

Coltello romano Nino Nista
La lama saldamente bloccata tramite gli scrocchi adattati nella finestra della molla fissa

Non c’era bisogno di nottolini o aperture assistite. Nel caso di avvertimento, negli alterchi  che precedevano lo scontro, quando si cercava ancora di ragionare, il coltello era aperto progressivamente. Sembra che fino al secondo scrocco l’avversario poteva tirarsi indietro. Lo scontro avveniva quando il coltello era completamente aperto. In caso di reazione immediata il peso della lama faceva aprire facilmente il coltello. Uno scatto del polso unito a un’impugnatura eseguita verso la parte terminale del manico, permetteva di far agganciare gli scrocchi alla finestra della molla. Il rumore sinistro del coltello che si bloccava preannunciava che da lì a poco sarebbe stato sparso del sangue. 

 

Dopo uno studio sui vari tipi di coltelli romani, alcuni conservati presso il Museo Criminologico di Roma, alcuni anni fa è scattata la voglia di possederne uno. Naturalmente una replica. Non trovando all’epoca nulla sul mercato, dopo aver eseguito vari disegni, stabilito forme e misure, abbiamo accoppiato la forma della lama e del manico preferiti e abbiamo inviato i disegni al noto coltellinaio Giovanni Nista, in arte Nino, specializzato nella costruzione di coltelli regionali italiani, che ha provveduto a tramutare i disegni in realtà.  

Coltello romano Nino Nista
Unʼinterpretazione moderna, posta accanto al coltello romano, lascia intravedere le somiglianze tra due attrezzi ideati per uno scopo

Il risultato è stato sorprendente. Un coltello romano costruito con le specifiche dell’epoca che gli americani definirebbero N.O.S. (new old stock). Ossia un oggetto che sembra aver viaggiato nel tempo. Il nostro coltello a scrocco artigianale è lungo in apertura 302 mm, la lama è lunga 140 mm e alta 22 mm, nella parte del forte. Lo spessore della lama è di 3 mm mentre quello del manico è di 18 mm. La lama in acciaio ha la finitura detta a tre pianelle. Il manico, zigrinato centralmente, è in corno nero di bufalo e ha il calcagno a goccia. Il blocco della lama avviene tramite tre scrocchi. È presente una campanella per lo sblocco della lama, applicata sulla testa a riccio della molla fissa.

 

Siamo convinti che il coltello di Nino Nista avrebbe fatto la gioia dei vari Manciola, Zagaja, Nino er bullo, er Cafabbo, er Tinea e tanti altri bulli che avrebbero sfoggiato il nostro catalano e magari l’avrebbero usato per risolvere velocemente una “questione”.

Noi, dal nostro canto, conserviamo questo primigenio coltello combat con cura, ogni tanto lo tiriamo fuori per il solo piacere di guardarlo e non ci azzardiamo nemmeno a tagliarci una fetta di salame per paura di rovinarlo, anche se il coltello non ne risentirebbe affatto, visto che è stato congegnato per usi ben più impegnativi.  

 


Per maggiori informazioni

 

www.ninonista.com