La presenza del camoscio nelle Piccole Dolomiti: merito di genetica, gestione o alimentazione?

Prealpi Vicentine, Piccole Dolomiti; una catena montuosa che si estende per circa 30 km e geologicamente molto simile alle sorelle maggiori, le Dolomiti. 

L'ossatura di queste montagne si è andata formando duecento milioni di anni fa, sopra una piana tidale dove si depositò uno strato di oltre mille metri di roccia carbonatica sedimentaria: la Dolomia. Un tempo, qui passeggiavano rettili dai movimenti un po' goffi, oggi vi balzano da un sasso all'altro degli abilissimi alpinisti: i camosci. 

Le notizie tramandate per via orale e la toponomastica di alcune località ci suggeriscono che in epoca non remota il camoscio era certamente presente in queste zone. 

Poi, con le due guerre mondiali, si arrivò in breve tempo all'estinzione locale di questa specie che contribuì a soddisfare le esigenze alimentari di diversi uomini. Tuttavia, negli ultimi decenni alcuni soggetti sono stati catturati nel Parco Nazionale del Gran Paradiso e rilasciati sulle Prealpi dall'Amministrazione Provinciale di Vicenza in seguito a progetti di reintroduzione. 

Oggi quest'ungulato è tornato ad essere così numeroso che ciascuna riserva alpina si è dotata di un piano d'abbattimento per la gestione della specie.

Una corretta gestione venatoria, però, richiede una profonda conoscenza della specie oggetto di prelievo, dell'area di studio e delle varie problematiche che vi possono insorgere.

Paesaggio alpino
Il camoscio reintrodotto negli ultimi decenni sulle Prealpi è tornato ad essere così numeroso che ciascuna riserva alpina si è dotata di un piano d'abbattimento per la gestione della specie

Per il presente lavoro di ricerca sono state coinvolte due riserve alpine di caccia della provincia di Vicenza con condizioni ambientali diversificate e dove viene annualmente abbattuto un discreto numero di camosci, ricca fonte di informazioni.

In particolare, l'area presa in considerazione occupa una superficie di circa 3000 ettari, l'altitudine massima è di 2200 m., quella minima di 1150 m.

Le principali destinazioni d'uso del suolo sono il taglio del bosco e la zootecnia, che attualmente risulta essere nomade e stagionale, con poche malghe ancora in funzione.

Nelle due riserve di caccia sono stati effettuati rilievi botanici sul campo per ottenere la composizione vegetazionale e per il calcolo del valore pastorale (VP: indice adimensionale quali-quantitativo di una superficie foraggera); quindi, a stagione venatoria conclusa, sono state raccolte le informazioni riguardanti i capi di camoscio abbattuti. 

Infine, per avere un confronto tra popolazioni geograficamente lontane ma geneticamente simili, è stato misurato un campione di trofei presenti all'interno delle strutture del Parco Nazionale del Gran Paradiso presso il quale, lo ricordiamo, sono stati catturati i soggetti destinati alla provincia di Vicenza.

Studi sui camosci

Soldati italiani
Con le due guerre mondiali, si arrivò in breve tempo all'estinzione locale di questa specie che contribuì a soddisfare le esigenze alimentari di diversi uomini. Nella foto vediamo un gruppo d soldati Italiani con ricco bottino

Nelle 20 analisi lineari effettuate sono state censite in totale 90 specie vegetali diverse, così ripartite: 16 graminacee; 4 leguminose; 70 altre famiglie.

I risultati ottenuti dai rilievi dei pascoli esaminati hanno mostrato che non vi è differenza tra le due riserve per quanto riguarda la composizione floristica.

Risulta invece essere evidente l'involuzione che riguarda la composizione del cotico dal punto di vista della presenza delle specie di interesse pabulare e della biodiversità tra i pascoli frequentati e quelli abbandonati dagli animali domestici.

Per quanto riguarda le caratteristiche dei camosci, dopo l'elaborazione di alcuni modelli statistici è emerso che la lunghezza delle corna dei trofei esaminati non presenta differenze né tra le due riserve né con il parco del Gran Paradiso, ma risulta piuttosto un parametro morfobiometrico legato all'età e al sesso. 

Riguardo al peso degli individui, invece, è emerso che i camosci provenienti da una delle due riserve pesavano meno. Il parametro è inoltre influenzato dall'età e dal giorno dell'abbattimento: in entrambi i casi si assiste ad un iniziale incremento che porta ad un massimo, seguito da una fase di calo.

Nell'approfondimento che è stato fatto, si sono quindi ricercate le differenze all'interno delle classi di sesso ed è risultato che i camosci a pesare di meno sono le femmine e gli jarling di ambo i sessi, mentre per i maschi delle due aree non si evidenziano differenze.

Femmina di camoscio
Le femmine di camoscio a differenza dei maschi, rafforzano il loro legame con le pareti rocciose in seguito a fenomeni di disturbo

In estrema sintesi il lavoro ha permesso di mostrare come dopo l'abbandono dei pascoli sia possibile osservare un marcato decremento del valore pastorale e una diminuzione dei valori di biodiversità

Il dato può avere riscontri negativi nella funzione di richiamo per gli animali selvatici, che spesso amano avere un ampio spettro di specie per poter selezionare a seconda della stagione e dei fabbisogni alimentari.

Dall'analisi dei dati disponibili, invece, non sono emersi legami diretti tra le caratteristiche dei pascoli e lo sviluppo morfobiometrico dei camosci. 

Pare infatti che la lunghezza cornuale non sia un parametro strettamente dipendente né dall'area geografica né dalle caratteristiche del substrato. 

La discendenza con un ceppo del Gran Paradiso e la mancata differenza rispetto allo stesso fa presupporre che il fattore genetico giochi un ruolo cruciale nello sviluppo del trofeo di questa specie. 

Rilievi botanici sul campo

Piccole Dolomiti
L'area presa in considerazione dagli studi sui camosci occupa una superficie di circa 3000 ettari, con altitudine compresa tra i 1150 m e i 2200 m. Qui sono stati effettuati rilievi botanici sul campo per ottenere la composizione vegetazionale e per il calcolo del valore pastorale

I caratteri degli individui della stessa popolazione, quindi, hanno manifestato un'uniformità che si è mantenuta nel tempo. 

Parallelamente, è possibile affermare che nemmeno la gestione venatoria, presente solo a Vicenza, svolge un qualche tipo di ruolo. 

Per quanto riguarda il peso, una prima considerazione può essere rivolta alla competizione intraspecifica, visto che in una delle due riserve, a parità d'estensione dell'altra, sono stati censiti circa 1/3 dei camosci. 

Si ritiene tuttavia che l'elevata densità colpisca indistintamente sia i maschi che le femmine, per cui le ragioni del minor peso corporeo vanno ricercate altrove. 

Una spiegazione ragionevole può essere legata alle risposte di questi animali rispetto agli input esterni. In particolare, da studi precedenti sembra che vi sia una differente tendenza di comportamento tra i maschi e le femmine, poiché queste ultime rafforzano il loro legame con le pareti rocciose in seguito a fenomeni di disturbo

L'analisi dei dati, infatti, nonostante sia influenzata da un basso numero di campioni, ha comunque fatto registrare un calo del peso negli animali che si trovano in aree notoriamente apprezzate dai turisti e che hanno una pressione venatoria maggiore. 

Corna camosci
Dagli studi scientifici è emerso che la lunghezza delle corna dei trofei esaminati non presenta differenze né tra le due riserve delle Dolomiti né con il parco del Gran Paradiso, ma risulta piuttosto un parametro morfobiometrico legato all'età e al sesso dei camosci

Lo stesso è stato dimostrato in uno studio che ha riguardato le Alpi austriache e il Tatra National Park (Polonia), dove livelli di stress hanno evidenziato un picco in estate, in coincidenza con il maggior numero di visitatori. 

Altri studi fanno riferimento all'interazione diretta, dal momento che gli animali selvatici regolano la propria distribuzione spaziale diminuendo la probabilità di utilizzare le aree con maggiore disponibilità di cibo in presenza di bestiame domestico, spesso se accompagnato da maschi e cani da guardiania.

Conclusioni

Per concludere, le indagini fin qui svolte, pur avendo un carattere preliminare, mettono in luce importanti aspetti riguardanti l'utilizzazione dei pascoli e la convivenza nello stesso territorio di ruminanti selvatici e domestici.

I pascoli naturali e seminaturali delle aree montane presentano, al di là del reddito derivante dalle attività agro-zootecniche, un interesse che deriva dalle loro peculiarità botaniche, faunistiche, culturali e paesaggistiche.

Andrebbero pertanto stabilite delle pressioni di pascolo compatibili con il mantenimento delle biocenosi, valutando la frequenza del prelievo e la specie di animale più adatta, salvaguardando le specie faunistiche e la produzione di reddito.

Al tempo stesso vanno sensibilizzate tutte le attività antropiche di natura ricreativa, compresa la caccia che risulta essere un'azione di disturbo per la specie oggetto di studio dal 1 agosto al 31 dicembre.

I prelievi inoltre, se non accuratamente pianificati, rischiano di destrutturare la popolazione con gravi conseguenze per la stessa. 

È questo il caso, per esempio, dei prelievi delle femmine non allattanti, che portano ad una riduzione della mortalità giovanile durante l'inverno ma all'aumento di quella delle femmine pre-riproduttive. 

Si tratta di un dato di grande rilievo per quanto riguarda la dinamica di popolazione e andrebbe quindi valutata la possibilità di organizzare i prelievi in modi e forme differenti.