In Veneto si reclama la preapertura al colombaccio

Terra di cacciatori da sempre, il Veneto fornisce continui spunti di politica venatoria. Il nomadismo, il nuovo calendario. Poi, quando le acque si sembravano placate e l’estate degradare senza scossoni verso la sua seconda metà, ecco un nuovo casus belli, rappresentato stavolta dalla preapertura al colombaccio. Meglio: dalla mancata preapertura al colombaccio. Le due giornate di caccia non previste dal calendario 2016-2017 hanno scatenato la reazione delle associazioni venatorie, pronte a reclamare ciò a cui erano abituate.

Le associazioni: “Due giornate di preapertura al colombaccio”

All’approvazione del calendario venatorio, l’assessore regionale alla caccia Giuseppe Pan aveva sottolineato il senso delle date dell’apertura al colombaccio affermando esplicitamente che in questo modo non è necessario “sospenderne il prelievo tra fine dicembre e i primi di gennaio per quasi due settimane”, scelta invece obbligata “se si fosse optato, al pari delle stagioni passate, per le due giornate di caccia in preapertura”.

Dopo qualche settimana di silenzio, ad aprire le danze è stata la Libera Caccia che, nella persona del presidente regionale Mariano Trevisan, ha inviato a Pan, al governatore Zaia e al consigliere Sergio Berlato, presidente della Terza Commissione, una lettera in cui si chiede il ripristino delle due giornate di preapertura al colombaccio, con una modifica al calendario venatorio in vigore.

La Libera Caccia sottolinea che la scelta di negare la pratica, “fortemente consolidata negli ultimi cinque anni nelle pianure del Veneto”, appare priva di “condivisibili giustificazioni, ma soprattutto risulta difficile da spiegare al cacciatore consapevole del continuo incremento di questa specie stanziale e nidificante, che da parecchi anni non è più localizzata prevalentemente nelle zone boschive del veneziano”.

A sostegno della propria tesi, Trevisan adduce una serie di dati scientifici, conformi con quanto certificato dal Ministero dell’Agricoltura, secondo i quali il colombaccio, “pur sottoposto da anni a intensa pressione venatoria, risulta in costante aumento”.

Alla Libera Caccia, stavolta battistrada, si è accodata la Federcaccia che ha invitato Enalcaccia, EPS, ACV, Anuu, Italcaccia e Arcicaccia a sottoscrivere un documento unitario che richieda in via ufficiale il ripristino delle due giornate di preapertura al colombaccio.

Oscar Stella, vicepresidente regionale di Fidc, ricorda ai suoi omologhi che “la preapertura al colombaccio non è mai stata messa in discussione dai tribunali amministrativi” e che l’Ufficio Avifauna Migratoria della Federcaccia ha prodotto un documento tecnico scientifico che comprova l’ottimo stato di salute della specie; secondo Stella, le due eventuali giornate di chiusura in compensazione potrebbero essere individuate nel mese di dicembre.

Il Club Italiano del Colombaccio: “Sbagliata la preapertura”

Tra tante richieste univoche, spicca la posizione controcorrente del Club Italiano del Colombaccio che, sentita la pressione crescente sulla Giunta, ha voluto dire la propria tentando di riequilibrare il tiro alla fune: Dario Faccin, vicepresidente nazionale, ha espresso pubblicamente i suoi ringraziamenti ai politici del Veneto “per la saggia decisione assunta dalla Giunta di fissare l’apertura della caccia al colombaccio alla terza domenica di settembre e di eliminare la preapertura a questa specie ai primi giorni di settembre, così come invece era stato fatto in Veneto negli ultimi anni”. Il Club sostiene infatti che “le popolazioni di colombaccio presenti sul territorio del Veneto ai primi di settembre siano tutte composte da soggetti stanziali, molti dei quali ancora nidificanti” o dipendenti dai genitori e che le due giornate di preapertura contravvengano “alle più elementari regole di etica e di corretta gestione della fauna selvatica, privando i cacciatori del Veneto della possibilità di cacciare questa specie nell’ultima decade di dicembre, periodo nel quale i colombacci sono tutti maturi e, alla presenza dei soggetti stanziali, viene a sommarsi con una cospicua presenza di soggetti migratori”. Faccin quindi considera la scelta “giusta dal punto di vista tecnico scientifico, condivisibile dal punto di vista etico, lungimirante dal punto di vista gestionale”. E però si mette contro praticamente tutte le altre associazioni venatorie del Veneto.

Il centrosinistra: legiferare sulla gestione dei corvidi

Ma, anche se si tratta dell’argomento più sentito dai cacciatori, la preapertura al colombaccio non è l’unico fronte aperto sul tavolo della politica veneta. Dall’area del centrosinistra all’opposizione Pietro Dalla Libera (Veneto Civico), Graziano Azzalin (Partito Democratico) e Franco Ferrari (Moretti Presidente) chiedono che la Regione regolamenti prevenzione, controllo e risarcimento dei danni provocati dalla fauna selvatica, facendo riferimento in particolare alla famiglia dei corvidi (gazza, cornacchia, cornacchia grigia, taccola, ghiandaia e corvo). Dalla Libera, primo firmatario del progetto di legge, denuncia l’azione predatoria dei corvidi che, in particolare durante il periodo riproduttivo, danneggiano i nidi di “columbidi, passeriformi e fasianidi, nonché nidiate di limicoli, trampolieri e anseriformi presenti nelle zone umide”. Secondo il consigliere civico diventa fondamentale “individuare un intervento legislativo regionale” che definisca “le linee generali per la successiva elaborazione di piani di controllo da parte delle Province e della Città Metropolitana di Venezia”.

Sospesa la caccia nelle zone di interesse storico

E per non farsi mancare niente, merita menzione il provvedimento della Giunta che ha disposto il divieto temporaneo di caccia in località di notevole interesse storico fino al 30 settembre 2016. Si tratta di una scelta finalizzata a tutelare l’integrità e la quiete delle isole del Lido e di Pellestrina fino al faro di Caroman e delle zone dalla foce del Tagliamento fino a porto Baseleghe, dal porto di Falconera a porto Caleri, da porto Caleri fino alla Guardia di Finanza di Caleri, dei litorali delimitati a nord dalla Foce del Po di Levante, a sud-ovest da La Vallon  a sud dalla foce del Po di Maistra e della spiaggia di Boccasette. In aggiunta, la caccia è vietata per una profondità di mille metri dal battente dell’onda sia verso terra sia verso il mare, ma il provvedimento non si applica all’interno degli istituti venatori privati nei quali è preclusa la presenza di turisti.

Colombaccio sì-colombaccio no, gestione dei corvidi, sospensione della caccia: in Veneto c’è abbastanza per passare un’estate senza annoiarsi anche rimanendo in città.

(esseti)