Molise armonizza legge su munizioni con norma statale

È tornato il tempo in cui è la giustizia ad aggiustare le leggi. Almeno in ambito venatorio. E se con giustizia si intende l'articolazione del potere giudiziario. Nelle scorse settimane una sentenza della Cassazione aveva assolto un cacciatore sollevandolo dal reato di detenzione illegale di munizioni: il Molise ne prende atto e armonizza la propria legislazione con quella statale.

Su proposta del consigliere Di Pietro, il Consiglio regionale ha approvato all'unanimità il disegno di legge che emenda “l’assoluto divieto di uso e detenzione di munizioni a palla unica o a pallettoni durante il periodo di chiusura della caccia alla specie ungulati: e così si modifica il secondo comma del primo articolo della legge 23/11 che definisce le norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio.

Nella relazione di accompagnamento vidimata dal Consiglio e pubblicata sul sito ufficiale, si legge che “la norma si pone l’obiettivo di adeguare la legislazione regionale per le attività venatorie a quanto disposto dalla legge statale. Con la modifica approvata inoltre “il cacciatore che durante una battuta di caccia agli ungulati detiene cartucce a pallini, senza però caricarle nel fucile, non potrà essere sanzionato penalmente, bensì, se la norma lo prevede, [soltanto] in via amministrativa”.

La Cassazione: competenza esclusiva dello Stato su munizioni

Alla base dell'intervento c'è la sentenza con cui la Suprema Corte ha assolto un cacciatore sorpreso dalla Forestale in possesso di sette munizioni proibite in quel periodo. Per l'ordinamento italiano è incostituzionale prevedere una norma regionale più restrittiva che istituisca una sanzione penale quando la normativa nazionale non interviene; in materia di armi e munizioni, per la quale la competenza esclusiva appartiene al potere centrale, si possono rendere più strette le maglie della norma soltanto con la previsione di un illecito amministrativo. Come ha prontamente recepito il Consiglio regionale. Perché quando la sovranità spetta a Roma, a livello locale non si può prevedere una legge più severa che dia il via a un processo penale.